lunedì 22 dicembre 2014

Dopo la lettura di Benigni...

...i 10 comandamenti non sono più gli stessi

di Alberto MAGGI


Dopo la lettura di Benigni i comandamenti non sono più gli stessi. Chi potrà mai dimenticare che il comandamento “Non rubare”, Dio l’ha scritto direttamente nella lingua italiana, in quanto insegnamento esclusivo per la corrotta Italia! Forse se la Chiesa avesse insistito meno sul sesso (tema ignorato da Gesù nel suo insegnamento) e più sul peccato di corruzione, sull’avidità, sull’ingordigia – atteggiamenti denunciati con forza da Gesù in quanto ritenuti la causa di ogni ingiustizia umana - la società sarebbe differente. E si spera che la Chiesa cattolica di Papa Francesco cancelli definitivamente dal Catechismo della Chiesa l’infelice articolo nel quale si legittima la pena di morte. In uno dei momenti più alti di tutto il programma, l’attore, con i tratti del volto tesi, ha infatti denunciato una società omicida che sopprime solo per legittimare i propri interessi e mai per giustizia.
Alla fine comunque Roberto Benigni è riuscito a scontentare tutti, sia i conservatori reazionari (come si è permesso ridicolizzare l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla sessualità?) sia i progressisti, sempre con la puzza sotto il naso, che hanno trovato non abbastanza provocatoria l’interpretazione che ha dato dei comandamenti di Mosè.
Eppure nella prima serata i tradizionalisti avevano esultato vedendo con quale enfasi, quasi da telepredicatore pentecostale, Benigni aveva presentato i primi tre comandamenti, quelli esclusivi del popolo di Israele, centrati sull’unicità di Dio. Ma poi Benigni ha rovinato tutto ieri sera, denunciando il crimine di una Chiesa sessuofoba che ha manipolato la stessa parola di Dio e trasformato il comandamento “Non commettere adulterio” in “Non commettere atti impuri”, rovinando così generazioni di adolescenti che si sono sentiti colpevolizzati per quelli che erano solo fenomeni dovuti all’esuberanza di ormoni in circolo.
Ma da vero genio dello spettacolo, l’asso nella manica Roberto l’ha tirato fuori proprio verso la fine della seconda serata. Dopo aver presentato in maniera teologicamente corretta e profonda i comandamenti, e la figura di Mosè e del Dio d’Israele, accentuando e magnificandone le luci e tacendo o sorvolando sulle ombre (secondo la Bibbia ha ammazzato più ebrei Mosè per liberarli dalla schiavitù egiziana che il faraone per trattenerli), il grande attore, con nonchalance, ha assestato il colpo basso.
Roberto Benigni ha raccontato infatti, come Gesù interrogato da uno degli scribi – i teologi ufficiali dell’istituzione religiosa – su quale fosse il comandamento più importante, nella sua risposta abbia ignorato provocatoriamente le tavole di Mosè, e si sia rifatto all’“Ascolta Israele”, il “Credo” che gli ebrei recitavano due volte il giorno: “Il più importante è “Ascolta Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. La domanda dello scriba concerneva un solo comandamento, il più importante. Ma secondo Gesù l’amore per Dio non è completo se non si traduce in amore per il prossimo, e per questo aggiunge alla sua risposta un precetto contenuto nel libro del Levitico: “E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”.
La disinvoltura di Gesù verso i comandamenti di Mosè è infatti a dir poco sconcertante. Quando l’uomo ricco gli chiese quali comandamenti osservare per ottenere la vita eterna, Gesù nella sua risposta omise quelli che riguardavano gli obblighi verso Dio e gli elencò solo i doveri verso gli uomini. Per Gesù non sono indispensabili per la salvezza i tre comandamenti esclusivi di Israele, la cui osservanza garantiva a questa nazione lo “status” di popolo eletto: Cristo ha preferito ribadire il valore di cinque essenziali comandamenti validi per ogni uomo, ebreo o pagano, credente o no, che riguardano basilari atteggiamenti di giustizia nei confronti del prossimo: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e la madre”.
“Con dieci parole fu creato il mondo” (Pirqé Aboth 5,1), insegnava la teologica ebraica con riferimento alle dieci parole di Esodo 34,28: “Scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole”. L’evangelista Giovanni nel prologo al suo vangelo non è d’accordo. Prima ancora della creazione del mondo c’era il Logos, un’unica Parola in base alla quale tutto fu creato (“In principio era la Parola”, Gv 1,1), una sola Parola che si formulerà nell’unico comandamento che Gesù lascerà ai suoi: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Con Gesù il credente non è più colui che ubbidisce a Dio osservando le sue Leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore uguale a quello che del Padre è proprio.


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L’AUTORE – Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» (www.studibiblici.it ) a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere.

Ha pubblicato, tra gli altri: Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi. E’ in libreria con Garzanti Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita

domenica 14 dicembre 2014

Natale a Km0

Natale 2014:
Dio a km0  ma anche a costo zero

            Il Natale ci rivela che il Dio di Gesù Cristo (Emmanuele = il Dio con noi) è un Dio a Km0, perché incarnandosi si è reso vicino, accanto a ciascuno di noi. Questo tratto divino l'avevo sviluppato e approfondito in occasione del Natale 2013. Quest'anno voglio far emergere un altro aspetto fondamentale delDio con noi, ossia un Dio a costo zero, ossia puramente gratuito e senza tariffario.
            Nell'immaginario di tanta gente c'è ancora la visione di Dio che ci chiede tante cose per poter avere il suo perdono e la sua grazia: tante preghiere e suppliche, andare a Messa e confessarsi, celebrazioni con incensi e litanie, rosari e devozioni. Sulla scia del Dio predicato dagli scribi, farisei e dottori della legge, al tempo di Gesù, che per placare l'ira di un Dio giudice e per riuscire ad ottenere il suo perdono bisognava salire al tempio di Gerusalemme per realizzare le varie purificazioni e offrire sacrifici.
            Bisogna avere il coraggio di ammettere che esiste ancora oggi un supermarket religioso presente nelle nostre diocesi, parrocchie, santuari, basiliche, con un tariffario per matrimoni, funerali, battesimi e anche per le intenzioni dei defunti nelle Messe, comprese le “messe gregoriane” che costano molto in un noto santuario veneto.  Questo mercato dei sacramenti ha generato l'immaginario popolare di poter comprare la Messa, mediante l'espressione popolare “pagare la Messa”,  in modo da aiutare il proprio defunto a raggiungere il paradiso.
            Tutto questo fa emergere un Dio che esige molto, anche in termini di denaro, mentre l'Eucarestia è l'azione di grazia per eccellenza, perché Gesù si è donato completamente e gratuitamente come pane spezzato e vino versato, senza esigere nulla: un amore senza misura e senza prezzo.

            Come è possibile monetizzare la grazia di Dio? Siamo di fronte ad una eresia cattolica che non ha niente  a che vedere con il cristianesimo, come pure una simonia contemporanea (compravendita di beni sacri spirituali)  denunciata già dall'apostolo Pietro negli Atti degli Apostoli 8, 18-25 e messa in pratica soprattutto nel Medioevo.

            Scrive il biblista Josè Antonio Pagola, nel suo noto libro Gesù, un approccio storico, rivelando la differenza tra Giovanni il Battista e Gesù di Nazaret: “Neppure il battesimo stesso ha più significato come rito di un nuovo ingresso nella terra promessa. Gesù lo sostituisce con altri segni di perdono e guarigione che esprimono e rendono realtà la liberazione voluta da Dio per il suo popolo. Per ricevere il perdono non è necessario immergersi nelle acque del Giordano; Gesù lo offre gratis a quanti accolgono il regno di Dio (…) Con Gesù, tutto comincia a essere diverso. Il timore del giudizio lascia il passo alla gioia di accogliere Dio, amico della vita (…) Gesù invita alla fiducia totale in un Dio Padre” (p. 96-97).
            Papa Francesco nell'omelia del 21 novembre 2014 a Santa Marta, ha lamentato lo scandalo del mercato religioso mediante le tariffe che sono ancora presenti nelle nostre chiese e lo ha fatto alla luce del Vangelo di Luca 19,45-48, dove Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare coloro che vendevano; “quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è lì la lista dei prezzi: battesimo, tanto; benedizione, tanto; intenzioni di messa, tanto...”. Inoltre , il papa ha dichiarato in maniera profetica: “Dunque non si possono servire due signori: Dio è assoluto. Ma c’è anche un’altra questione: perché Gesù ce l’ha con i soldi, ce l’ha con il denaro?. Perché la redenzione è gratuita: la gratuità di Dio. Gesù, infatti, viene a portarci la gratuità totale dell’amore di Dio. Perciò, quando la Chiesa o le chiese diventano affariste, si dice che non è tanto gratuita la salvezza. Ed è proprio per questo che Gesù prende la frusta in mano per fare questo rito di purificazione nel tempio”.
            Nell'esortazione apostolica Evangelii Gaudium, papa Francesco dichiara più volte la gratuità dell'amore di Dio, fino ad affermare con forza che la Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita (n.114).
           
            Il Natale ci chiama ad annunciare e soprattutto a testimoniare che il Dio di Gesù Cristo, fattosi uno di noi nel prendere dimora in mezzo all'umanità, è un Dio a km0 ma anche a costo zero: offrendoci gratuitamente tutta la sua misericordia e benedizione. Questo è il grande dono del Natale che dobbiamo continuamente offrire soprattutto ai più piccoli e poveri. Un dono che non si trova sulle corsie dei supermercati, ma che si rende presente mediante una relazione interpersonale che deve essere gratuita e amorevole.
            Allora impegniamoci a fare in modo che la nostra Chiesa sia strumento di questo amore gratuito di Dio, passando dai doni del babbo natale di questa economia capitalista al dono del Natale: l'amore di un Dio che lascia perfino il suo paradiso per stare con noi, per soffrire con noi e per camminare al nostro fianco fino a farci  raggiungere  una vita piena, libera da ogni sofferenza e oppressione, intrisa del suo amore di Padre e Madre.

Tramonte (Padova) 9/12/2014

Adriano Sella