domenica 30 dicembre 2012

Chiesa e politica


Il Vaticano ha perso l’occasione di stare zitto

Il coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa” Vittorio Bellavite ha diffuso il seguente testo:

         “Forse ci siamo troppo abituati agli interventi nella politica italiana della segreteria di Stato e della Presidenza della CEI. Sono interventi a volte espliciti ma spesso sotto traccia che si intuiscono o che si vengono a conoscere in seguito. Questa abitudine non può però farci  stare sempre  zitti. Sulla presa di posizione dell’Osservatore Romano di ieri a favore di Mario Monti e sulla omogenea linea dei vescovi e dell’Avvenire ci permettiamo di obiettare:

--si può fare finta di niente? si può in modo credibile cambiare cavallo senza adeguate spiegazioni, senza fare una radicale autocritica sull'appoggio garantito per troppi anni al centrodestra e a Berlusconi in particolare? Ci si è dimenticati delle troppe violazioni della legalità, della corruzione dilagante ai vertici della Repubblica, del malgoverno della crisi, delle politiche di rifiuto dell’accoglienza dei profughi, delle immoralità personali? Ci domandiamo se fosse giusto, se fosse evangelico pagare con questo silenzio benefici, privilegi, appoggio alle “campagne” organizzate dai vertici della CEI.

--tutte le realtà presenti nel mondo cattolico impegnate sui problemi sociali, sulle questioni della laicità, nel volontariato, nel pacifismo attivo, nella cooperazione internazionale, anche nella politica democratica sono forse composte da cattolici di serie B tanto da essere ignorate, e a volte penalizzate, perché inutili nelle grandi strategie del “do ut des” con le istituzioni? Romano Prodi è ancora nella lista nera dei cattolici adulti? Non ci sono anche cattolici che esprimono obiezioni vivaci nei confronti delle politiche del governo Monti per quanto riguarda l’equità e il welfare?

--le gerarchie dovrebbero avere -riteniamo- il mandato evangelico di invitare a un impegno civile positivo, alla solidarietà a favore degli ultimi, all’intervento a favore di una politica di disarmo e di pace, alla difesa della democrazia, alla tutela dei soggetti più deboli e di ogni forma di vita famigliare, alla difesa dei beni comuni…La gerarchia non ha però il mandato di sponsorizzare in campagna elettorale questo o quello, con l’obiettivo non dichiarato di intrecciare poi rapporti di scambio nel corso della legislatura. Questo tipo di interventismo episcopale è anche censurabile sotto il profilo degli stessi patti concordatari e delle reciproche "indipendenze" e "sovranità" previste dalla Costituzione nei rapporti Stato-Chiesa cattolica.

--questo nuovo orientamento politico dei vertici ecclesiastici, per il momento e per il modo con cui è fatto, non pensiamo che possa essere molto credibile e quindi efficace sia nei confronti della vasta area dell’astensione dal voto e della protesta presente anche nel mondo cattolico, sia nei confronti dell’orientamento di voto, sia nei confronti di un ipotetico rilancio di un partito unico dei cattolici.
Ci sembra piuttosto esprimere, in uno scenario mutato e a prescindere dai valori evangelici, la volontà di riprendere la politica dei veti, delle “campagne”, della difesa e delle pretesa di privilegi che hanno caratterizzato la stagione del ruinismo.

         Ancora una volta ci troveremo di fronte a Pastori il cui magistero sarà da disattendere per essere conseguenti con la nostra fede? Fino a quando?”

Roma, 28 dicembre 2012

venerdì 28 dicembre 2012

Donne che lasciano un segno!

In questi giorni - sarà la solitudine che aumenta quando arrivano le feste del natale - ho ricevuto tre messaggi di uomini che hanno avuto esperienze con donne africane. 
Storie cominciate bene e finite male.
Incontri casuali che poi alla fine son serviti.
Incontri che toccano ferite aperte e che mettono in moto meccanismi misteriosi.
Donne "con abiti succinti" che don Corsi condannerebbe...
Donne africane dal carattere forte che chiedono altrettante personalità forti.
Ecco parte di una lettera, mi basta quel "mi hanno lasciato segni profondi sul cuore"... il resto è accessorio.

Carissimo  Federico,
ti scrivo per dirti che rispetto tantissimo la tua storia personale e credo effettivamente che la Chiesa dovrebbe fare qualche passo avanti verso l'umanità vera, tendendo la mano a ciò che siamo più che a ciò che dovremmo essere. Oltre questo volevo dirti un'altra cosa. Io sono siciliano e vivo in Sicilia ed anch' io mi sono confrontato con il fenomeno della prostituzione delle donne africane. Mi capitava in passato di percorrere una strada periferica popolata da splendide donne nere in vendita e mi è capitato di soffrire per loro, mi è capitato di pormi tutta una serie di domande che, non ti nascondo, mi hanno lasciato segni profondi sul cuore, poichè tutta la mia vigliaccheria è stata messa allo scoperto, come del resto anche la mia mascolinità bestiale e nello stesso tempo impotente. E' stato devastante quel confronto anche solo  momentaneo con tanta bellezza femminile annientata lungo quelle strade. [...] 
Carmelo

lunedì 24 dicembre 2012

Dipende da noi

Dipende da noi
Che l'eterno non manchi di temporale
(Singolare rovesciamento),
Che lo spirituale non manchi del carnale,
Bisogna dirla tutta, è incredibile: che l'eternità non manchi del tempo,
Del tempo, di un certo tempo.
Che lo spirito non manchi della carne.
Che l'anima, per così dire, non manchi di corpo.
Bisogna andare fino in fondo: che Dio non manchi della sua creazione.

Cioè dipende da noi
Che la speranza non menta nel mondo.
Ciò, bisogna dirlo, dipende da noi
Che il più non manchi del meno,
Che l'infinitamente di più non manchi dell'infinitamente di meno,
Che l'infinitamente tutto non manchi dell'infinitamente nulla.

Dipende da noi che l'infinito non manchi del finito.
Che il perfetto non manchi dell'imperfetto.
[...]
Mistero dei misteri, che ha per oggetto gli stessi misteri,
Egli ha messo nelle nostre mani, nelle nostre deboli mani,
la sua speranza eterna.

Charles Péguy

domenica 23 dicembre 2012

La follia del natale


Ecco uno stralcio del messaggio natalizio di Giuseppe Stoppiglia (Ass. Macondo)


«Solo quando cesserà di preoccuparsi di contare in società, la Chiesa comincerà a contare veramente. Solo uscendo dalle proprie sicurezze mondane verso il mare aperto e incerto, essa recupererà una migliore capacità di farsi ascoltare» (Giancarlo Zizola).

Una Chiesa sostanziata di puro amore sarebbe schiacciata, annullata dalle istituzioni del potere e della violenza. Questo dramma l’ha vissuto sempre lungo i secoli e per non diventare vaso di coccio tra vasi di ferro, per essere in grado di trasmettere il messaggio, la Chiesa ha dovuto tradirlo, mondanizzarsi, diventare struttura di potere.

Il figlio del falegname, Gesù di Nazareth, e il figlio del mercante, Francesco d’Assisi, furono semplicemente folli. Di loro resta il messaggio perché è stato tradito. Solo tradendolo, lo si è potuto conservare. Per altri folli.

Perché l’amore è paradosso e scandalo: l’amore che tutto dona, l’amore che a tutti si dona, senza voler cambiare il mondo, accettando il prossimo per quello che è, cercando solo di aiutarlo, condividendo il dolore, la fatica, la disperazione, l’agonia. In silenzio.

La Chiesa della povertà, la Chiesa crocifissa è muta, invisibile, anonima, dispersa tra i senza voce. Non chiede di essere ascoltata. È messaggio vivente, incarnato, spoglio di simboli. È follia perché è semplicemente, testardamente, amore.

sabato 22 dicembre 2012

Storie di natale, accoglienza o rifiuto dell'amore reale

Pubblico questo post che ho ricevuto in questi giorni e una mia riflessione

CIAO FEDERICO

Ciao Federico....io sono appena reduce da una bellissima storia..con un prete...anche se lui non mi ha mai dato sicurezze ....è stata una bellissima storia...anche se lui ha sempre parlato del nostro amore come un amore impossibile. Però io ho sentito il suo cuore ...la sua anima....il suo amore...l'ho sentito tutto....
E' stato lui a cercarmi....mi sono confidata con lui perchè avevo problemi nella relazione con mio marito...problemi da lungo tempo...da anni..adesso mi sono separata....ma non è di questo che voglio parlare.
....mai avrei pensato di poter vivere una storia con un prete....io non l'ho assolutamente cercato..
Ho sempre creduto.....ho sempre avuto principi i valori molto forti....e questa storia è stata per me come un terremoto....mi ha sconvolto....mi ha minato da tutti i punti di vista...però l'ho vissuta pienamente...perchè mi sono innamorata per la prima volta nella mia vita all'età di quarant'anni!!!! Quindi gli ho dato il mio amore...il mio cuore... tutta me stessa....
Io non ero la prima storia per lui...ed io ingenua...quando l'ho saputo...non ci ho capito più niente...mi si è aperto un mondo che non conoscevo...
Io...da parte mia...sono certa di aver trovato in lui il vero amore della mia vita.....quello che pensavo non potesse esistere.....ho condiviso con lui momenti speciali....il solo abbracciarlo era un emozione incredibile....poi c'è stato molto di più e per me è stata una storia incredibile....ero felice....anche nella difficoltà di vivere questa storia...
Poi sono arrivati i problemi....lui che prima mi chiamava "amore"...."tesoro" e che mi parlava con il cuore e l'anima...ha cominciato ad allontanarsi...
però quando ci vedevamo....tutto era come prima.....mi ha detto spesso che era innamorato di me...e che non aveva mai vissuto una storia così.....provava con me delle emozioni speciali....
però....sebbene io non gli abbia mai chiesto di rinunciare alla sua scelta...non perchè non lo volessi...ma ero in un percorso di vita particolare e non potevo affrontare una situazione così forte (ho anche dei bambini) lui ha deciso "CHE NON SAPEVA ACCETTARE L'AMORE CHE PROVAVA PER ME" e ha deciso di mettere un punto alla nostra storia...dopo circa un anno..
a me si è spezzato il cuore....non riesco a riprendermi...perchè sapere che mi ama...ma che è così vigliacco e non ha il coraggio di scegliere....anzi lascia tutto nel sacrificio e nella sofferenza...mi fa stare infinitamente male....
questo mi fa pensare che l'amore che diceva, e che mi ha detto anche dopo aver deciso di finire tutto, non fosse poi così vero ed intenso....mi sono sentita presa in giro ed usata.....
non riesco a farmene una ragione.....allora ti domando...visto che magari tu puoi capire meglio di me quello che un prete può pensare e sentire....io cosa devo fare....DEVO SPARIRE DALLA SUA VITA IN SILENZIO?...o devo fargli sentire tutto il mio profondo amore in modo che lui trovi il coraggio di fare una scelta....
io dentro di me sento che ho perso la cosa più importante della mia vita e che non ne ritroverò mai una uguale..!!!Io non riesco a farmene una ragione....ci ho provato con tutte le mie forze....
il problema è che lui si è chiuso al punto tale...che quando lo cerco non mi risponde mai...e così io non ho più provato a cercarlo...
sono straziata...nel pieno del dolore profondo....e in tutto questo ho perso anche la fede che avevo...non riesco più a pregare e a credere...ho perso tutti i miei punti di riferimento...e poi ho perso lui!!!
Ho paura che lui scappi e che nel dolore si allontani da me...che si obblighi a portare questa croce per punizione...e che si abitui a questo dolore...e se io sparisco...lo aiuto in tutto questo....poi quando si sarà ripreso e mi avrà dimenticata...chissà forse si lascerà andare ad altre emozioni, meno importanti, che lo potranno confortare...
non so cosa devo fare.....


CIAO INNAMORATA DELUSA
(tentativo di darti un nome!)
purtroppo la tua storia sta diventando un ritornello sempre più ascoltato.
I preti sono uomini, o forse dovrebbero essere uomini...
L'amore per una persona, prima o poi, deve essere corrisposto. Se uno dei due, per paura o vigliaccheria o disinteresse, non sceglie... il rapporto non avrà mai un nome, un futuro, un senso... 
Pensando alla mia storia, il momento in cui ho scelto di vivere con Fidelia, è stato quando lei mi ha lasciato libero di scegliere... Sì, libero di scegliere. Senza ricatti o sceneggiate. E' proprio questo l'attimo migliore per scegliere.
Dopo un tempo circoscritto di tentativi, arriva il momento di fare i conti con la propria vita e il proprio futuro. 
Poi credo anche che ogni esperienza non sia mai inutile, perchè ci arricchisce sempre, nonostante provochi ferite. Il tempo però scorre. Allora, se può essere un consiglio... lascialo libero, non insistere e pensa al bene della tua vita! 
Un abbraccio
Federico

sabato 15 dicembre 2012

Premio Progetto "La ragazza di Benin City"

Anch'io sarò presente!
Come autore (e amico) del libro che è stato premiato nel 2009.

Ogni anno, ininterrottamente dal 2002, il Progetto la ragazza di Benin
City assegna un Premio, il PREMIO PROGETTO LA RAGAZZA DI BENIN CITY a
persone, associazioni, enti che hanno dato apporto alla lotta contro
la tratta e che si sono distinti per il loro impegno a favore dei
diritti umani.

La "cerimonia" di consegna del Premio avverrà a GENOVA,  DOMENICA 16
DICEMBRE 2012, ALLE ORE 16. Il ritrovo dei premiati è per le ore
14,30, presso l'emporio/museo di Fabrizio De Andrè, Via del Campo 29
rosso.

Il Premio assume da quest'anno una dimensione internazionale e
l'Associazione vittime ed ex vittime della tratta, nucleo centrale del
Progetto la ragazza di Benin City, ha deciso di attribuire due
Riconoscimenti Speciali.

Il PRBC sta predisponendo un evento a Benin City (Nigeria) per
premiare WOLE SOYINKA, scrittore nigeriano, Premio Nobel per la
Letteratura e nel corso della cerimonia a Genova sarà invece premiato
don ANDREA GALLO.

Isoke Aikpitanyi
PRBC - ASSOCIAZIONE VITTIME ED EX VITTIME DELLA TRATTA


L'amore? La storia di due naufraghi...

Bellissima questa immagine! Ripenso alla mia storia...

Il segreto di Pretty Woman
di Massimo Gramellini (da La Stampa del 14 dicembre 2012)

Com’è possibile che alla ventiduesima replica «Pretty Woman» abbia radunato ancora davanti al video quasi cinque milioni di persone? Esiste un filo onirico che unisce Cenerentola a Sissi, Sissi alla prostituta di Julia Roberts e la prostituta alle eroine di «Twilight» e delle «Cinquanta Sfumature»? E’ così originale la vicenda di un miliardario che affitta una escort (una sola, poi) per qualche cena elegante? 
 
Le domande sono molte e, poiché esiste la fondata ipotesi che una delle ventidue repliche vi abbia attraversato la retina, non starò a ripercorrere la trama del film per filo e per segno. Basterà ricordare che «Pretty woman» racconta la fiaba d’amore fra una moderna cenerentola e un moderno principe azzurro: un finanziere prima della crisi dei mutui, quindi ancora circonfuso da un alone immacolato di irresistibilità. Ma un sogno esclusivamente materialista sarebbe evaporato in fretta. Se l’immaginario delle donne è rimasto segnato per sempre, ci deve essere qualcosa che agisce a livelli più profondi. Ho il sospetto che sia il rovesciamento dei ruoli nell’interiorità. La prostituta è povera e volgare, ma si vuole bene. Il manager è ricco e raffinato, ma si detesta. Il più disgraziato dei due, alla fine, è lui. Infatti la escort può anche ricominciare a vivere senza il lusso garantitole dal finanziatore. E’ il manager che si sente sperduto senza l’energia vitale della ragazza. Andando a riprenderla, non salva lei, ma se stesso. Meglio, si salvano a vicenda. 
Perché cos’è in fondo l’amore, se non l’eterna storia di due naufraghi che decidono di salvarsi a vicenda?  

mercoledì 21 novembre 2012

Verso il natale...



Vito Mancuso ha pubblicato su Repubblica del 21 novembre 2012 una riflessione sull'ultimo libro del papa "L'infanzia di Gesù". Secondo il teologo è un testo che tralascia le analisi di molti teologi e biblisti ignorando le tante contraddizioni dei vangeli dell'infanzia di Gesù.
Il bambin Gesù del papa - Quei racconti diversi sull'infanzia del Cristo
di Vito Mancuso
Con il volume intitolato L’infanzia di Gesù che arriva oggi in libreria nei principali paesi del mondo, si conclude l’opera complessiva di quasi mille pagine in tre volumi dedicata da Joseph Ratzinger a Gesù di Nazaret. Con essa egli intende far tornare i cattolici a identificare narrazione evangelica e storia reale come avveniva fino a qualche decennio fa, prima dello sviluppo della moderna esegesi storico-critica. Raggiunge l’autore il suo obiettivo? A mio avviso no., perché si tratta di una mission impossible.
Tutti amiamo il Natale con la sua atmosfera di gioia e di pace, e questo nuovo libro del Papa è di grande aiuto nel viverne la spiritualità. L’oggetto sono i primi due capitoli del Vangelo di Matteo e del Vangelo di Luca, i cosiddetti “vangeli dell’infanzia”. Per secoli essi sono stati letti come reali resoconti storici, ma oggi l’esegesi biblica storico-critica è pressoché unanime nel dichiarare il contrario. L’obiettivo del Papa è che i vangeli dell’infanzia possano tornare a essere letti come storicamente fondati.
[...]
Ma, come tutti coloro che prima di lui hanno tentato di armonizzare racconti evangelisti, anche Ratzinger sorvola sulle contraddizioni tra i resoconti di Matteo e di Luca. Sono esse a rendere impossibile una storia dell’infanzia di Gesù degna di questo nome, come ritengono studiosi del calibro di Brown, Sanders, Meier, Dunn, Barbaglio, Fabris, Maggioni, Jossa, Ortensio da Spinetoli, Pesce e molti altri. Certo tra Matteo e Luca vi sono elementi comuni: l’identità dei genitori, l’annuncio angelico, il concepimento di Maria senza rapporti sessuali con il marito, la nascita a Betlemme sotto il regno di Erode, il trasferimento a Nazaret. Ma vi sono anche discordanze che non possono essere armonizzate: prima della nascita di Gesù Maria e Giuseppe o risiedevano a Nazaret (Luca) o risiedevano a Betlemme (Matteo); il loro viaggio da Nazaret a Betlemme o ci fu (Luca) o non ci fu (Matteo); Gesù nacque o in casa dei genitori (Matteo) o in una mangiatoia (Luca); la strage dei bambini di Betlemme o accadde (Matteo) o non accadde (Luca); i genitori fuggirono in Egitto per salvare il bambino dai soldati di Erode (Matteo) o andarono al tempio di Gerusalemme per la circoncisione senza che i soldati di Erode si curassero del bambino (Luca); la famiglia da Betlemme o tornò subito a casa a Nazaret di Galilea (Luca), oppure si recò a Nazaret solo dopo essere stata in Egitto e per la prima volta (Matteo).

giovedì 1 novembre 2012

Far paura alla morte!

In questi giorni ricorre la festa di Tutti i Santi e dei Defunti.
Non possiamo però ignorare come la festa di Halloween, che non appartiene alla nostra tradizione culturale, stia diventando sempre più popolare e commerciale.
"Cosa fai questa sera?" - mi chiede un collega - "Niente di particolare e tu?" - rispondo io - "Faccio con mio figlio la zucca di Halloween!"
Torno a casa e trovo mia figlia con il viso truccato. "Una mia compagna di classe ha voluto disegnarmi del sangue sulla faccia!"
Perchè tutta questa ritualità, questi simboli, questa voglia di travestirsi da morti?

Cerco di trovare alcuni collegamenti in riferimento all'esperienza della morte nelle varie tradizioni.

I malati, i lebbrosi, i "quasi morti" al tempo di Gesù, stavano alle porte della città. Lontano dalle relazioni sociali, perchè la religione insegnava che chi toccava un lebbroso diventava impuro. Chi non preferisce "tagliarsi" la parte che scandalizza, andrà tutto intero nella Geenna, la discarica di Gerusalemme.

Nella cultura africana tradizionale i malati venivano scarificati, e messi vicini alla spazzatura. Ancora oggi molti africani immigrati in Italia hanno sul corpo dei segni che nemmeno loro sanno spiegarne il perchè. Erano ancora piccoli, colpiti da qualche grave malattia. Anche da adulti, uomini e donne malati, venivano ulteriormente imbruttiti come per far paura alla Morte stessa. "Morte, non prènderteli! Sono talmente brutti..." Vi è una personificazione della Morte, che rende il rapporto più spontaneo. Fuori dalle case degli africani che vivono nei villaggi, vi è la tomba con i resti dei loro antenati. Immediatamente fuori casa, che quasi quasi ci inciampi con i piedi. Sono loro a proteggere la famiglia.

Ho collegato a questa tradizione, il bisogno che oggi molte persone hanno, in occasione di Halloween, di assumere aspetti simili ad un moribondo, ad un vampiro. Bisogno di sfidare la Morte. Alcuni psicologi affermano che per sconfiggere una paura per qualcosa, occorre affrontare faccia a faccia ciò che provoca questa paura. Fino a non molto tempo fa, quando i vecchi morivano lentamente davanti agli occhi dei figli e dei nipoti, la morte era conosciuta di più. E forse certi gesti di sfida nei confronti della morte, non esistevano.
Rimane però la tendenza ad isolare il malato nella nostra cultura occidentale moderna. I malati, pur essendo curati con tecniche sempre più efficaci, vengono comunque messi fuori dalle relazioni quotidiane. Gli ospedali, per vari motivi, sono sempre più chiusi alle visite. Sia al momento della nascita di un bambino, quando una donna partorisce. Sia al momento della morte, quando un malato si trova in gravi condizioni.

domenica 28 ottobre 2012

Ecco chi non sente la crisi!

Inaugurata ieri la nuova chiesa di Scientology a Padova

Ricordo di un incontro avvenuto alcuni anni fa davanti alla vecchia sede di Scientology a Padova. Una ragazza mi fermò mentre camminavo, facendomi questa domanda: Scusi, lei è felice?
In Seminario mi hanno insegnato a definire "setta" gruppi e movimenti come questi. Ma è anche vero che non bisogna giudicare una cosa prima di conoscerla. Ho conosciuto persone che entrando a far parte di gruppi come questi, sono passati da un problema ad un altro, hanno praticamente cambiato terapia, senza però risolverlo. E spesso si sono mangiati la casa, la famiglia, le amicizie.

L'altra sera, mentre ero bloccato dal traffico, ho visto numerosi fedeli, sotto la pioggia, festeggiare l'inaugurazione della nuova sede di Scientology a Padova. Una grande villa restaurata, a Pontevigodarzere, proprio accanto a Casetta Michelino, un centro diurno per anziani.
Mentre assistevo alla straordinaria partecipazione, mi è nato questo pensiero. Ho sempre immaginato che gli affari poco chiari si facessero al buio, di notte. O perlomeno di nascosto. 

«Veniamo da Milano, facciamo parte di Scientology da 20 anni – afferma una coppia prima di entrare -. Per ulteriori informazioni bisogna rivolgersi ai responsabili dei media, noi abbiamo l’ordine di non rilasciare dichiarazioni».  (dal Corriere del Veneto)

"Noi abbiamo l'ordine di non rilasciare dichiarazioni..." questo ritornello lo avevo già sentito pronunciare dai fedeli di un altro movimento il cui leader era stato accusato di non volere riconoscere il proprio figlio naturale. Ci sono atteggiamenti che si ripetono nelle persone che, anzichè essere educate alla libertà, vengono ridotte in schiavitù, convinte di essere più libere di prima.

giovedì 25 ottobre 2012

La grande festa dell'Islam

Con il tramonto di questa sera, è iniziata "la festa dell'agnello", la solennità massima dell'Islam. Detta anche "festa del sacrificio", ricorda il sacrificio di Ismaele da parte di suo padre Abramo/Ibrahim, obbediente alla volontà divina. Nel racconto islamico, grazie all'intervento di un angelo, Ismaele è sostituito da un agnello o da un montone. Nella Bibbia il figlio sacrificato è invece Isacco.
In ricordo del sacrificio dell'agnello, ogni capofamiglia musulmano sacrifica un animale e distribuisce ai poveri parte della carne.

Se domani, molti operai musulmani saranno assenti dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro, è perchè stanno festeggiando la loro festa più grande, che per noi cristiani può essere paragonata alla Pasqua. Assenti ingiustificati? Lettere di contestazione in arrivo!

Il futuro della nostra società multietnica, mi auguro al più presto, sarà quello di riconoscere e lasciare celebrare le feste più importanti per i cittadini che abitano il nostro Paese. 

In Canada, a Montreal, ho conosciuto un Centro di formazione, composto da 6-7 persone di 3 differenti religioni. I giorni di festività dell'anno, e quindi di chiusura del Centro, coincidevano con le maggiori feste delle tre religioni, in modo da permettere a tutti di celebrare le proprie tradizioni religiose e culturali. E' possibile farlo anche nelle nostre fabbriche?

(diversamente da quei fenomeni di "con-fusione" di feste che sono già presenti, basta pensare a come la festa dei Santi e dei Morti si stia trasformando in festa di Halloween...e soltanto per motivi commerciali!)

Solo attraverso il riconoscimento della diversità religiosa e culturale, riusciremo a costruire una società di pace, ricca di colori e di belle e arricchenti differenze. 

martedì 16 ottobre 2012

Un gesto di solidarietà che non ha prezzo

Basta con gli sms!

Terremotati dell'Emilia. Adesso inizia il freddo. Molti sono ancora rintatati dentro le tende.
Gli operai della Carraro di Campodarsego (PD) compiono un piccolo gesto di solidarietà, consegnando di persona una somma di denaro al comune di Cavezzo, in provincia di Modena. Comune distrutto dal terremoto, un quarto degli abitanti ancora senza casa.
Un'assessore (donna) ha raccontato alla delegazione della Carraro che dei soldi raccolti con gli sms non ne sono arrivati nemmeno dieci centesimi. Forse questo metodo non funziona.
Più efficace e più umano l'incontro personale. Sensibilizzare i propri colleghi di lavoro alla solidarietà, devolvendo un'ora o più del proprio salario per sostenere chi è stato colpito da eventi eccezionali, e consegnare i soldi in mano, guardando negli occhi chi li riceve...è come un viaggio.
Fisico, non virtuale.
Che arricchisce sia chi dona, sia chi riceve.

domenica 14 ottobre 2012

Notizie dalla Libia

...e il silenzio dei media

Per saperne di più sul post-guerra in Libia, visita il blog sibialiria

[...]La crisi a Bani Walid è cominciata quando il Congresso libico ha dato ai ministri degli Interni e della Difesa il permesso di usare la forza per arrestare alcuni abitanti, sospettati di aver ucciso Omran Shaaban, che catturò Gheddafi il 20 ottobre 2011. Ma quelli di Bani Walid non ci stanno. Lo stesso dottor Lufti sostiene che “non è vero niente e i medici ucraini che sono qui possono confermare che il nostro ospedale ha curato come poteva  Shaban, entrato armato a Bani Walid e scontratosi con persone del posto, riportando gravi ferite”. Un comunicato del Consiglio delle tribù libiche sostiene: “Omran Shaban è stato trasportato all' ospedale di Beni Walid molto grave e con livelli alti nel sangue di droghe, da lì è stato trasportato all'ospedale di Misurata e da lì all'ospedale americano di Parigi dove è morto.. La gente di Beni Walid dice che probabilmente è stato un regolamento di conti dato che era drogato”. [...]

lunedì 8 ottobre 2012

Gli ospiti non convincono le comunità di base ispirate al Concilio Vat II


1. Ecco la pubblicità, con gli ospiti, della puntata dell'Infedele di stasera sul Concilio Vat II

L'infedele di Gad Lerner
Stasera alle 21,10 su La7 e in contemporanea su Tv2000 condurrò con Lucia Ascione una serata di riflessione sul cinquantesimo anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano II, inaugurato a San Pietro l’11 ottobre 1962. Partecipano: l’Arcivescovo di Milano, Cardinale Angelo Scola; il direttore di Tv2000, Dino Boffo; il direttore de “Il Foglio”, Giuliano Ferrara; lo storico Alberto Melloni, direttore della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna; lo storico d’orientamento tradizionalista Roberto De Mattei, vicepresidente del Cnr; don Giovanni Nicolini, parroco di Bologna nonchè figlio spirituale di Giuseppe Dossetti; Chiara Amirante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti. Fin dal titolo appare evidente come le domande che si posero in quel tumultuoso e straordinario evento di mezzo secolo fa si riflettano ancora sulla Chiesa contemporanea. Per l’autorevolezza e la varietà dei punti di vista rappresentati, confido che sarà una trasmissione davvero interessante.

2. Ricevo questa osservazione critica dalla segreteria della cdb San Paolo di Roma:

Lunedì 8 ottobre 2012 trasmissione "L'infedele",
 "a 50 anni dal Concilio Vaticano II faremo un confronto su questo movimento rivoluzionario della chiesa". 

"Sono un testimone oculare ... Vi suggerisco questo: prendete i documenti del Concilio con prudenza; ascoltate, prima che moriamo tutti, anche i testimoni oculari che ricordano atteggiamenti, commenti, reazioni, dei vescovi, degli abati e dei delegati apostolici presenti in Concilio, che non sono stati riportati né nei verbali né, tanto meno, nei documenti...." (Intervento di Giovanni Franzoni all'assemblea "Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri" del 15/9/2012 a Roma)
Lunedì scorso alla fine della trasmissione "L'infedele", Gad Lerner ha preannunciato che lunedì 8 ottobre 2012 ore 21,10 su La7: "a 50 anni dal Concilio Vaticano II faremo un confronto su questo movimento rivoluzionario della chiesa". 
In tutti i modi alcuni della nostra comunità hanno tentato di contattare senza alcun esito Gad Lerner per far sì che fosse invitato il nostro Giovanni come uno dei due padri conciliari italiani, insieme a mons. Bettazzi, ancora testimoni viventi di quel Concilio, riconosciuto da molti come completamente disatteso e dimenticato. Speriamo che sia presente direttamente o in collegamento almeno Bettazzi. Le speranze sono flebili considerando che sia Franzoni che Bettazzi non sono molto graditi alla stampa ufficiale italiana, come dimostra anche la lettera seguente che la segreteria della nostra cdb ha inviato di recente al "Venerdì" di Repubblica per il trattamento riservato ai testimoni ancora viventi del Concilio:

Gentilissimo direttore,
abbiamo letto nel numero del Venerdì di Repubblica del 14 settembre scorso, l’articolo dal titolo “Quel che resta del Vaticano II dopo 50 anni”.
Nelle  foto che illustrano l’articolo, sono riportate le immagini dei padri conciliari italiani ancora in vita, i cui nomi  e titoli sono descritti nella didascalia a fianco. Facciamo notare che tra essi non compare l’allora abate nullius dell’abbazia di San Paolo fuori le mura in Roma, don Giovanni Battista Franzoni, che, eletto abate nell’aprile 1964, atale titolo partecipò alla terza ed alla quarta sessione del Concilio.
Di tale evento Giovanni Franzoni è ancora oggi attento testimone, come ha mostrato nel suo intervento al convegno dello scorso 15 settembre a Roma, “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri”, autoconvocato da più di 100 tra associazioni, comunità e riviste cattoliche.
Dobbiamo considerare questo fatto una dimenticanza o una forma di autocensura  in segno di rispetto delle gerarchie ecclesiastiche? Il dubbio è lecito perché più volte abbiamo fatto esperienza di come  il potere del Vaticano in Italia riesca a “cancellare” le persone scomode non solo dagli ambiti ecclesiali ma anche dalla stampa cosiddetta libera e laica.
Dobbiamo dire che questo, allontanandoci dall’Italia, non avviene; si veda, ad esempio, l’articolo-intervista del quotidiano El Pais dedicato a Giovanni Franzoni in occasione del convegno del settembre 2011 a Madrid, convocato da una associazione di teologi iberici, in cui era stato invitato, proprio in quanto padre conciliare, a tenere una relazione.
Contribuirebbe a fugare i nostri dubbi la pubblicazione di questa lettera di precisazione.
Cordiali saluti,
Salvatore Ciccarello, Elena Lobina Cocco, Maria Rita Maglietta, Domenico Schiattone, Stefano Toppi, Bartolomeo Pace
per la segreteria della Comunità cristiana di base di San Paolo – Roma
Via Ostiense, 152/B – 00154 – Roma

3. Accolgo l'invito e scrivo una mail a Gad Lerner

Buongiorno Gad Lerner,
mi chiamo Federico Bollettin e sono un prete sposato della diocesi di Padova.
Ho ricevuto l'invito di alcune comunità ecclesiali di base a scriverle questa mail in riferimento alla trasmissione di questa sera sul cinquantesimo anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Anche la mia situazione attuale, e cioè di prete che - in ragione dell'abbandono del celibato - è stato messo fuori dall'esercizio del ministero, dipende da come il rinnovamento di quel concilio non venne applicato fino in fondo.  
Mi sarebbe piaciuto leggere tra i suoi ospiti i nomi di Giovanni Franzoni e Luigi Bettazzi, unici padri conciliari italiani ancora in vita. Oppure animatori di comunità ecclesiali di base che hanno tentato e tentano ogni giorno di realizzare il progetto del concilio, una chiesa più partecipativa, in dialogo con tutte le religioni e le realtà attuali, più profetica... Ma anche teologi e biblisti che hanno continuato la ricerca su quel Gesù storico che alla dottrina cattolica ufficiale non piace.
Insomma La invito a riproporre una seconda puntata, sempre sul tema del Conciclio Vat II, con un'attenzione però a quelle esperienze di chiesa che si rifanno al Concilio Vat II ma che non vengono riconosciute da questa Chiesa ufficiale.
La ringrazio per l'attenzione,
Federico Bollettin


mercoledì 3 ottobre 2012

Per necessità più che per convinzione...

Quello che sta succedendo in politica, assomiglia molto a quello che è successo e succede all'interno di una organizzazione religiosa.
I cambiamenti, invocati dalla base, vengono attuati non per convinzione dei vertici, ma per pura necessità.
Il ddl anticorruzione sta prendendo piede quando ormai la fiducia nella politica, e soprattutto nei politici, è praticamente inesistente. Così come nella Chiesa, i passi in avanti proclamati dai concili, erano semplicemente un adeguamento al pensiero e alla pratica del popolo.
I partiti ci arrivano sempre dopo!
I cardinali ci arrivano sempre dopo!
Più che proporre un cambiamento, assumono un cambiamento già in atto. Dove sta la profezia?
Questa è la storia, non opinioni personali.

mercoledì 26 settembre 2012

Pensiero da operaio poco retribuito

Le statistiche continuano a evidenziare il profondo stato di crisi economica che stiamo attraversando.
Non si spende più come 10-20 anni fa.
Siamo in recessione. Il Pil non cresce.
Il mercato dell'auto è fermo, il settore edilizio paralizzato. Ristoranti mezzi vuoti, vestiti nuovi solo con i saldi.
Persino il settore del fotovoltaico e dell'eolico, che doveva essere il futuro, rischia di scomparire.

Dopo questa analisi, abbastanza semplice ed evidente, mi faccio alcune domande:
1. Dovrò attendere che il mercato riparta, che il salario aumenti... per stare più tranquillo?
2. Oppure dovrò ridimensionare il mio stile di vita?

Forse sto ancora spendendo troppo in stupidaggini, in cose superflue, in servizi inutili, in false comodità...
Forse il problema non sono i pochi soldi che entrano nelle tasche di un operaio, ma il modo in cui li spende, le priorità che stabilisce, le relazioni umani che coltiva.

Vorrei lottare, scendere in piazza, manifestare con infiniti cortei... perchè ci fosse più solidarietà tra colleghi di lavoro, tra operai. Perchè si riuscisse ad inventare un sistema che non riconduca tutto all'uso del denaro, ma al reciproco aiuto, allo scambio, ecc...

In quest'ottica, vi segnalo la proposta del Movimento Sereno,

martedì 25 settembre 2012

Ora di storia delle religioni per tutti!


Profumo: "Da rivedere i programmi di religione
La scuola deve essere più aperta e multietnica"

Il ministro dell'istruzione, nel discorso che ha tenuto in occasione dell'apertura della biblioteca del suo dicastero, ha sottolineato la necessità di una revisione del modo di fare scuola


Non è una novità!

Già da anni, da quando cioè il tessuto sociale è cambiato ed è diventato multietnico e multireligioso, l'ora dio religione dovrebbe essere ripensata.

Proporre ancora l'ora di insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche si presta a due equivoci:
1. La religione cattolica non è più la religione praticata dalla maggioranza degli abitanti dell'Italia. La maggioranza è formata da cristiani non praticanti, da atei e agnostici, da musulmani, da cristiani di altre confessioni, da sette e movimenti religiosi.
2. Permettere che l'adesione o il rifiuto dell'insegnamento della religione cattolica crei esclusioni, differenze e confusione all'interno della scuola, non è assolutamente educativo.

Quindi, propongo un'ora di insegnamento della storia delle religioni e dell'attuale dialogo inter-religioso, per tutti. Mi pare talmente logico e sereno...

domenica 23 settembre 2012

Questa chiesa non ha futuro


Pubblico questa interessante riflessione di p. Josè Maria CASTILLO

I recenti scritti di H. Küng e L. Boff, su quest’argomento, e che in questi giorni circolano nella rete, ci fanno riflettere. La Chiesa si indebolisce giorno per giorno, perde credibilità e alla grande maggioranza della gente non interessa più. Sarà certo che questa Chiesa non ha futuro?
Quando qui parlo della Chiesa, non mi riferisco all’enorme quantità di persone che, ognuna come può, sono interessate a Gesù di Nazareth ed a quello che insegna (o non insegna) il Vangelo. Non parlo delle persone di fede, un problema molto personale che ognuno si gestisce come Dio glielo dà a capire.
Nel dire che questa Chiesa non ha futuro, quello che voglio dire (come fa Küng) è che il papato e la curia vaticana, così come si sono organizzati e funzionano, non solo non vanno da nessuna parte, ma anche – e soprattutto – stanno danneggiando molto la stessa Chiesa e, ancor di più, tanta gente di buona volontà che perde persino l’interesse per la religione quando vede il triste spettacolo che sta dando il cosiddetto “sistema romano”.
Perchè dico queste cose? La Chiesa, che ha concentrato tutto il suo potere e la sua autorità nel papa e nella curia vaticana e che funziona in in maniera tale che lei ‐ e solo lei – pensa di avere la verità piena ed il potere indiscutibile per imporre questa verità, per decidere quello che è bene e quello che è male e per imporre alla gente quello che deve o non deve fare; una Chiesa così non ha argomenti per dimostrare che tutto ciò deve essere così, nè gode della credibilità indispensabile per convincere del fatto che le cose devono andare così.
Proprio per questo, perchè il “sistema romano” manca di argomenti e di credibilità per persuaderci del fatto che possiede i poteri che dice di avere, per questo il papato e la curia pensano in coscienza che è meglio occultare cose che, se si sapessero, allontanerebbero di più la gente. E si moltiplicherebbero gli scandali, le contraddizioni, le mezze verità e tanti affari oscuri che lo Stato della Città del Vaticano tenta di coprire senza riuscirci in molti casi.
Da ciò, le incessanti contraddizioni del già menzionato “sistema romano”.
In teoria, difende ed elogia i diritti umani, ma, fino ad oggi, non rispetta questi diritti nella sua legislazione e nella sua forma di governo e nemmeno ha sottoscritto i trattati internazioni su questa problematica fondamentale.
In teoria, elogia e predica il Vangelo, ma, in pratica, a qualsiasi persona che entra in Vaticano risulta difficile vedere che quello somiglia alla semplicità del Vangelo ed alla prossimità di Gesù con i più disgraziati di questo mondo.
In teoria, il papa e la curia si lamentano e denunciano la corruzione economica, gli scandali sessuali, la menzogna come sistema di governo....ma il fatto è che la banca vaticana ha dato gravi motivi di scandalo e, quello che è peggio, è risaputo che la politica vaticana è un elemento importante (per quello che dice e per quello che tace) nella legittimazione di governi e governanti che sono causa della crisi economica e fanno sprofondare nella miseria tante creature innocenti.
In queste condizioni si può predicare il Vangelo? E se il cosiddetto “sistema romano” non serve per questo, come sarà possibile mantenerlo in piedi per molto tempo? Non stiamo parlando solo di un problema di buona o cattiva moralità. Il problema è molto più serio. Quello che è in gioco è l’”essere o il non essere” della Chiesa che si lascia gestire dal “sistema romano”.
Perchè, in tutta la Bibbia e nella tradizione cristiana, l’”essere” è determinato dallo – e dipende dall’ – “accadere”. Non siamo davanti ad un problema di metafisica, ma ad un problema del divenire storico. E quando quello che accade si allontana tanto dalla sua origine e dalla sua ragion d’essere, la cosa più ragionevole è pensare che una Chiesa così, cioè, “questa Chiesa” non ha futuro.

Traduzione di Lorenzo TOMMASELLI

sabato 22 settembre 2012

Operai incazzati...ma non abbastanza!

L'operaio che a fatica riesce ad arrivare a fine mese (per non parlare di chi non arriva neppure alla terza settimana)... come reagisce al politico ladro di turno?

Pensavo: quando è stato scoperto il primo, o al massimo il secondo... perchè tutti gli altri non si sono dimessi, scomparendo dalla circolazione?

E poi ci chiediamo perchè aumentano le forme di protesta che scadono nella violenza?

Con i soldi che vediamo trattenuti al netto della nostra busta paga supertassata, paghiamo i vizi di chi dovrebbe gestire la cosa pubblica? Ce ne rendiamo conto? E crediamo ancora alle loro promesse!

Attendiamo una primavera italiana che riesca a liberare pacificamente la politica dall'antipolitica.

Una rivoluzione dal basso che, illuminata dalla vera informazione e dalla ricerca di cultura, sconfigga la creduloneria popolare che sta governando il nostro Paese.

Il vangelo di questa domenica afferma: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti".
Invece sta accadendo proprio il contrario! Chi vuole fare il responsabile, chi vuole rappresentare il popolo, usa i voti e i risparmi del popolo per servire i capricci della propria pancia.


domenica 16 settembre 2012

Nati e cresciuti in Italia...saranno mai italiani?

Sarah ha le treccine e un bel colore della pelle.
La maestra delle elementari le ha chiesto se è italiana.
La professoressa delle medie le ha chiesto da quanto tempo è in Italia.
Le statistiche dividono i bambini in percentuale di italiani e di stranieri.

Ma tra di loro si vedono uguali.
Si parlano uguale.
Si pensano uguali.
Sono tutti nati nello stesso ospedale.
Hanno frequentato lo stesso asilo nido, la stessa scuola materna, le stesse elementari...
Guardano lo stesso canale della televisione, preferiscono la pasta e la pizza.
Eppure le professoresse, i giornalisti, i politici fanno ancora differenze.
Così crescendo tra tutti questi pregiudizi e luoghi comuni,
se ne convinceranno anche loro che non sono uguali.

giovedì 13 settembre 2012

50 anni dal Concilio VAT II

Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri

Era l'undici settembre del 1962 quando Giovanni XXIII, un mese prima dell'inizio del Concilio, rivolse un radiomessaggio ai fedeli in cui gli invitava a costruire la "primavera della Chiesa". A cinquant'anni da quel discorso, 99 movimenti, associazioni e gruppi di base e 28 riviste, rappresentativi di una vasta e variegata area ecclesiale italiana, hanno deciso di ricordare l'inizio del Concilio Vaticano II nella forte convinzione dello straordinario rinnovamento che esso portò nella storia della Chiesa cattolica, per riflettere sul passato per costruire il futuro.


Per questo è stata convocata l'assemblea "Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri" per sabato 15 settembre a Roma dalle 10 alle 18 presso l'Istituto Massimo all'EUR, a cui interverranno uomini e donne, laici, religiosi e preti, in una sinfonia di voci degna di un anniversario conciliare: la biblista Rosanna Virgili, lo storico Giovanni Turbanti, i teologi don Carlo Molari e Cettina Militello, il saggista Raniero La Valle con un saluto di mons. Loris Capovilla (saranno presenti anche mons. Luigi Bettazzi, Giovanni Franzoni, Paolo Ricca, Felice Scalia e Adriana Valerio, oltre ai responsabili di tutte le organizzazioni promotrici). 


Perché, come ricorda Raniero La Valle, "Il Concilio non può essere messo da parte, perché in esso si sono riversati tutti i venti Concili del passato e perciò delegittimare il Vaticano II significherebbe infirmare l’intero patrimonio di fede; e dirò che nello sviluppo della Tradizione della Chiesa, dai tempi apostolici ad oggi, c’è anche la tradizione dei discepoli, di cui l’assemblea del 15 settembre può essere considerata un momento peculiare".


Tra le tante realtà che hanno aderito all'iniziativa troviamo il Progetto Gionata su fede e omosessuali (www.gionata.org) ed in rappresentanza dei gruppi di cristiani omosessuali Italiani Il Guado di Milano e l'associazione Nuova Proposta di Roma che, nel suo messaggio di adesione all'iniziativa, ricorda che "Come gruppo di donne ed uomini che si dicono omosessuali e che si scommettono credenti, vorremmo contribuire a questa importante e significativa assemblea segnalando la solitudine in cui vive la maggior parte delle persone omosessuali e transessuali cristiane"  che nella "Gaudium et Spes rispecchiano perfettamente l’idea che abbiamo di Chiesa e di Chiesa che vorremmo avere, che vorremmo essere. Una Chiesa capace di vivere nel presente (gli “uomini d’oggi”), di guardare alle gioie ed alle speranze, alle tristezze ed alle angosce dell’umanità tutta non con gli occhi di chi giudica e di chi paternalisticamente concede".

sabato 8 settembre 2012

Crisi economica e corruzione etica


IL GIUDIZIO FINALE

p. José M. Castillo, teologo

Giovedì 6 settembre 2012

Stiamo vivendo e sopportando due fatti che stanno sotto gli occhi di tutti: la crisi economica e la corruzione etica.
D’altra parte, oramai nessuno dubita che questi due fatti sono profondamente connessi l’uno con l’altro. La crisi economica, che stiamo soffrendo, è stata causata dalla cupidigia smisurata e dalla sfacciataggine dei grandi gestori dell’economia e della politica, con la collaborazione attiva o il permissivismo di noi, che abbiamo vissuto e sfruttato ad un livello di vita, che per noi è stato possibile, con il presupposto di sprofondare milioni di esseri umani nella miseria e nella morte.
Questa situazione caotica dà molto a pensare. Tra le altre cose, mi continua a frullare nella testa il fatto evidente che una notevole quantità dei responsabili (in un modo o nell’altro) della crisi dicono di essere credenti, cristiani, persone, quindi, che professano la nostra fede (quale che sia) in Gesù e nel suo Vangelo. E questo è quello che mi fa pensare di più. Perché?
Perché il Vangelo afferma, con la massima chiarezza, che nessuno si potrà sottrarre al giudizio definitivo ed ultimo di Dio (Mt 25,31‐46). Certo, ognuno è libero di credere o non credere in quest’argomento. Io non pretendo in questo caso di convincere nessuno. Né intimorire. Né tanto meno minacciare. Chi sono io per far questo? Non voglio essere, né sembrare, un predicatore dei tempi antichi. Al contrario. Quello che voglio affermare molto chiaramente è che il giudizio finale, così come lo presenta Gesù, è la cosa più liberante e sconcertante che sicuramente possiamo immaginare. Perché la sentenza definitiva ed ultima, che Dio pronuncerà, sui popoli e sulle persone, non sarà motivata dalla fede che ognuno ha o non ha avuto, né dalle pratiche religiose che ha osservato o ha smesso di osservarle, nemmeno si terrà conto della relazione con Dio che ognuno ha accettato o rifiutato. Evidentemente, secondo il Vangelo, nulla di tutto ciò interessa (in ultima istanza) al Dio di Gesù.
Cos’è, allora, l’unica cosa che resterà? Molto semplice: la relazione che ognuno ha avuto o non ha avuto con gli altri. A questo si riferisce Mt 25,35‐36: “avevo fame e
mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto; ero nudo e mi avete vestito; malato e mi avete visitato; in carcere e siete venuti a visitarmi”. E Gesù spiega perché ci sarà tale giudizio su tale condotta: “Quello che avete fatto ad uno di questi….lo avete fatto a me” (Mt 25,40).
Dio non è come noi lo immaginiamo. Né come lo spiegano molti preti. Dio non sta in cielo. Dio sta qui, tra gli ammalati, gli immigrati, i disoccupati, i senza casa, quelli che non arrivano a fine mese, quelli che si vedono privati dei propri diritti, i carcerati, i disperati…e che nessuno mi venga a dire che è figlio fedele della Chiesa o cose simili. Tutto ciò, nell’ora della verità, servirà nella misura – e solo nella misura – in cui ci ha reso più umani e più sensibili al dolore di quelli che soffrono. Questa è la mia religione. E questa è la mia politica. Per questo mi chiedo se non abbiamo più né religione e politica. E l’unica cosa che resta è la sfacciataggine.


Traduzione di Lorenzo TOMMASELLI

Le contraddizioni di CL su Martini


In questa prima lettera del presidente di CL viene accusato il cardinal Martini di essere la causa di tutti i problemi della Chiesa ambrosiana. Mentre nella seconda, lo stesso don Carròn, solamente un anno dopo, ne elogia l'operato. Le parole hanno ancora valore?

PRIMA LETTERA
Lettera del Presidente di Comunione e Liberazione don Juliàn Carròn
al Nunzio apostolico in Italia Giuseppe Bertello
del marzo 2011

Eccellenza Reverendissima,
rispondo alla Sua richiesta permettendomi di offrirLe in tutta franchezza e confidenza, ben consapevole della responsabilità che mi assumo di fronte a Dio e al Santo Padre, alcune considerazioni sullo stato della Chiesa ambrosiana.

1) Il primo dato di rilievo è la crisi profonda della fede del popolo di Dio, in particolare di quella tradizione ambrosiana caratterizzata sempre da una profonda unità tra fede e vita e dall’annuncio di Cristo “tutto per noi” (S. Ambrogio) come presenza e risposta ragionevole al dramma dell’esistenza umana. Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito a una rottura di questa tradizione, accettando di diritto e promuovendo di fatto la frattura caratteristica della modernità tra sapere e credere, a scapito della organicità dell’esperienza cristiana, ridotta a intimismo e moralismo.

2) Perdura la grave crisi delle vocazioni, affrontata in modo quasi esclusivamente organizzativo. La nascita delle unità pastorali ha prodotto tanto sconcerto e sofferenza in vasta parte del clero e grave disorientamento nei fedeli, che mal si raccapezzano di fronte alla pluralità di figure sacerdotali di riferimento.

3) Il disorientamento nei fedeli è aggravato dalla introduzione del nuovo Lezionario, guidato da criteri alquanto discutibili e astrusi, che di fatto rende molto difficile un cammino educativo coerente della Liturgia, contribuendo a spezzare l’irrinunciabile unità tra liturgia e fede (lex orandi, lex credendi). E già si parla della riforma del Messale, uno dei beni più preziosi della Liturgia ambrosiana…

4) L’insegnamento teologico per i futuri chierici e per i laici, sia pur con lodevoli eccezioni, si discosta in molti punti dalla Tradizione e dal Magistero, soprattutto nelle scienze bibliche e nella teologia sistematica. Viene spesso teorizzata una sorta di “magistero alternativo” a Roma e al Santo Padre, che rischia di diventare ormai una caratteristica consolidata della “ambrosianità” contemporanea.

5) La presenza dei movimenti è tollerata, ma essi vengono sempre considerati più come un problema che come una risorsa. Prevale ancora una lettura sociologica, stile anni ’70, come fossero una “chiesa parallela”, nonostante i loro membri forniscano, per fare solo un esempio, centinaia e centinaia di catechisti, sostituendosi in molte parrocchie alle forze esauste dell’Azione Cattolica. Molte volte le numerose opere educative, sociali, caritative che nascono per responsabilità dei laici vengono guardate con sospetto e bollate come “affarismo”, anche se non mancano iniziali valorizzazioni di quelli che sono nuovi tentativi di realizzazione pratica dei principi di solidarietà e di sussidiarietà e che si inseriscono nella secolare tradizione di operosità del cattolicesimo ambrosiano.

6) Dal punto di vista della presenza civile della Chiesa non si può non rilevare una certa unilateralità di interventi sulla giustizia sociale, a scapito di altri temi fondamentali della Dottrina sociale, e un certo sottile ma sistematico “neocollateralismo”, soprattutto della Curia, verso una sola parte politica (il centrosinistra) trascurando, se non avversando, i tentativi di cattolici impegnati in politica, anche con altissime responsabilità nel governo locale, in altri schieramenti. Questa unilateralità di fatto, anche se ben dissimulata dietro a una teorica (e in sé doverosa) “apoliticità”, finisce per rendere poco incisivo il contributo educativo della Chiesa ai bene comune, all’unità del popolo e alla convivenza pacifica, fatto ancora più grave in una città, in una Regione (la Lombardia) e in una parte d’Italia (il Nord) in cui più forti sono le spinte isolazioniste e ormai drammatici e quotidiani i conflitti tra poteri dello Stato.

7) Per quanto riguarda la presenza nel mondo della cultura, così importante per una città come Milano, va rilevato che un malinteso senso del dialogo spesso si risolve in una autoriduzione della originalità del cristianesimo, o sconfina in posizioni relativistiche o problematicistiche che, senza rappresentare un reale contributo di novità nel dibattito pubblico, finiscono col deprimere un confronto reale con altre concezioni e confermare una sostanziale Irrilevanza di giudizio della Chiesa rispetto alla mentalità dominante.
Né va trascurata la peculiarità della presenza a Milano dell’Università Cattolica che, nonostante il prodigarsi ammirevole dell’attuale Rettore e dell’Assistente Ecclesiastico, attraversa una crisi di identità cosi grave da fare temere in tempi brevi un sostanziale e irreversibile distacco dalla impostazione originale. Nel rispetto delle prerogative della Santa Sede e della Conferenza Episcopale, non appare irrilevante il contributo che un nuovo Presule, per la sua preparazione e sensibilità, potrebbe offrire a favore di una più precisa linea culturale e educativa dell’Ateneo di tutti i cattolici italiani.
Mi permetto infine di rilevare, per tutte queste ragioni, pur sommariamente delineate, l’esigenza e l’urgenza di una scelta di discontinuità significativa rispetto alla impostazione degli ultimi trent’anni, considerato il peso e l’influenza che l’Arcidiocesi di Milano ha in tutta la Lombardia, in Italia e nel mondo.
Attendiamo un Pastore che sappia rinsaldare i legami con Roma e con Pietro, annunciare con coraggio e fascino esistenziale la gioia di essere cristiani, essere Pastore di tutto il gregge e non di una parte soltanto. Occorre una personalità con profondità spirituale, ferma e cristallina fede, grande prudenza e carità, e con una preparazione culturale in grado di dialogare efficacemente con la varietà delle componenti ecclesiali e civili, fermo sull’essenziale e coraggioso e aperto di fronte alle numerose sfide della postmodernità.
Per la gravità della situazione non mi sembra che si possa puntare su di una personalità di secondo piano o su di un cosiddetto “outsider”, che inevitabilmente finirebbe, per inesperienza, soffocato nei meccanismi consolidati della Curia locale. Occorre una personalità di grande profilo di fede, di esperienza umana e di governo, in grado di inaugurare realmente e decisamente un nuovo corso.
Per queste ragioni l’unica candidatura che mi sento in coscienza di presentare all’attenzione del Santo Padre è quella dell’attuale Patriarca di Venezia, Card. Angelo SCOLA.
Tengo a precisare che con questa indicazione non intendo privilegiare il legame di amicizia e la vicinanza del Patriarca al movimento di Comunione e Liberazione, ma sottolineare il profilo di una personalità di grande prestigio e esperienza che, in situazioni di governo assai delicate, ha mostrato fermezza e chiarezza di fede, energia nell’azione pastorale, grande apertura alla società civile e soprattutto uno sguardo veramente paterno e valorizzatore di tutte le componenti e di tutte le esperienze ecclesiali. Inoltre l’età relativamente avanzata (70 anni nel 2011) del Patriarca rappresenta nella situazione attuale non un “handicap”, ma un vantaggio: potrà agire per alcuni anni con grande libertà, aprendo così nuove strade che altri proseguiranno.

Colgo l’occasione per salutarLa con profonda stima.
don Juliàn Carrón Presidente


SECONDA LETTERA
Nel suo cuore di pastore c'è sempre stato spazio per noi
di Julián Carrón*
Caro Direttore,
la morte del cardinale Martini mi consente di riflettere su alcune parole‐chiave della sua vita e sul rapporto con don Giussani e col movimento di Comunione e Liberazione. La mia vuole essere una semplice testimonianza.
Ecumenismo. La sua capacità di entrare in rapporto con tutti testimonia la tensione del cardinale a intercettare ogni briciolo di verità che si trova in chiunque incontriamo. Chi ha incontrato Cristo non può non avere questa passione ecumenica. Mi ha colpito come il cardinale rispondeva a chi gli domandava quale considerava il momento culminante della vita di Gesù (il discorso della montagna o l’ultima cena o la preghiera nell’orto degli ulivi): «No. Il momento culminante è la Resurrezione, quando scoperchia il suo sepolcro e appare a Maria e a Maddalena». È la certezza che introduce la resurrezione di Cristo che spalanca lo sguardo del cristiano. L’antico termine oikumene sottolinea che lo sguardo cristiano vibra di un impeto che lo rende capace di esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che si incontra, come ricordava don Giussani: «L’ecumenismo non è allora una tolleranza generica, ma è un amore alla verità che è presente, fosse anche per un frammento, in chiunque. Nulla è escluso di questo sguardo positivo. Se c’è un millesimo di verità in una cosa, lo affermo». Solo una tensione così può generare una vera pace fra gli uomini, anche questa una preoccupazione costante del cardinale Martini.
Carità come condivisione dei bisogni. Noi dobbiamo fare tesoro di questo desiderio di intercettare il bisogno degli uomini che l’Arcivescovo incontrava lungo il cammino della vita. La Chiesa non può essere mai indifferente alle domande e ai bisogni degli uomini. Queste domande, che sono le nostre, sono una sfida per noi credenti, perché solo così ci rendiamo conto se abbiamo qualcosa nella nostra esperienza da comunicare a chi ci chiede ragione della nostra speranza. Questo è il vantaggio del tempo presente per noi credenti: non è sufficiente la ripetizione formale delle verità della fede, come ci ricorda continuamente Benedetto XVI. Gli uomini attendono da noi la comunicazione della nostra esperienza, non un discorso astratto, sia pure corretto e pulito. Come ci richiamò Paolo VI: la nostra epoca ha bisogno di testimoni, più che di maestri. Solo il testimone può essere maestro. Sono sicuro che il cardinale Martini, dal Cielo, ci accompagnerà a condividere i bisogni degli uomini e a trovare strade per risponderne che siano all’altezza delle loro domande. Quanto al rapporto con CL, don Giussani ci parlava sempre della paternità del cardinale Martini, che aveva abbracciato e accettato nella diocesi di Milano una realtà come CL. Nel suo cuore di
pastore sempre c’è stato spazio per noi. Ricordo la gratitudine di don Giussani quando l’Arcivescovo gli concesse di aprire una cappella in uno dei locali della sede centrale del movimento a Milano, così da avere il Signore presente sempre.
E come l’arcivescovo Montini, che inizialmente confessava di non capire il metodo di don Giussani ma ne vedeva i frutti, anche il cardinale Martini ci incoraggiava ad andare avanti. Mi commuovono ancora le parole che rivolse a don Giussani nel 1995, durante un incontro di sacerdoti, quando ringraziò «il Signore che ha dato a monsignor Giussani questo dono di riesprimere continuamente il nucleo del cristianesimo. “Ecco, tu, ogni volta che parli, ritorni sempre a questo nucleo, che è l’Incarnazione, e ‐ con mille modi diversi ‐ lo riproponi”».
Per questo ci rincresce e ci addolora se non abbiamo trovato sempre il modo più adeguato di collaborare alla sua ardua missione e se possiamo aver dato pretesto per interpretazioni equivoche del nostro rapporto con lui, a cominciare da me stesso. Un rapporto che non è mai venuto meno all’obbedienza al Vescovo a qualunque costo, come ci ha sempre testimoniato don Giussani. Sono sicuro che, insieme a don Giussani, ci accompagnerà dal Cielo a diventare sempre di più quello per cui lo Spirito ha suscitato proprio nella Chiesa ambrosiana un carisma come quello di CL. La morte del cardinale Martini e di don Giussani costituiscono un richiamo per tutti noi che, nella varietà di sensibilità, abbiamo a cuore la Chiesa ambrosiana. Mi auguro che non ci stanchiamo mai di cercare quella collaborazione che è indispensabile ‐ soprattutto oggi ‐ per la missione della Chiesa, così come ne parlava il Cardinale nel 1991: «La “novità” della cosiddetta “nuova evangelizzazione” non va cercata in nuove tecniche di annuncio, ma innanzitutto nel ritrovato entusiasmo di sentirsi credenti e nella fiducia dell’azione dello Spirito Santo», così da «evangelizzare per contagio… da persona a persona».
Milano, 3 settembre 2012
*presidente della Fraternità di CL

sabato 1 settembre 2012

Il papa negato

La morte del cardinal Martini

Doveva essere eletto papa.
Se la Chiesa Cattolica Romana avesse voluto camminare lungo la strada del messaggio di Gesù di Nazareth... avrebbe dovuto riconoscere in Martini una guida profetica in questo periodo di profondi cambiamenti.
Aveva in sè le caratteristiche per un dialogo autentico dentro e tra le istituzioni, senza ipocrisie.
Conosceva il popolo, perchè lo incontrava e lo ascoltava.
Per questo non si scandalizzava di chi usava il preservativo! Sono questi i problemi?
Ha rifiutato l'accanimento terapeutico.
L'ateo era amico suo.
Doveva essere più valorizzato all'interno della gerarchia cattolica. Doveva essere eletto papa.
Vox popoli, vox Dei!



P.S. Come è successo con don Milani e con Tonino Bello... solo dopo la loro morte, tutti condividono il loro pensiero!

martedì 28 agosto 2012

Tornati dalle ferie estive pensiamo già a quelle di natale...

"Che ne è di una persona che non fa che desiderare la fine della settimana? O che tutto quello che vogliamo è arrivare alle cinque del pomeriggio?
Quando cominciamo ogni giornata pensando a che punto siamo della settimana, contando i giorni che mancano per arrivare al venerdì, al weekend, alle ferie, in realtà affrettiamo la venuta della morte, desiderando che la nostra vita passi più rapidamente davanti ai nostri occhi, desiderando che tutto sia passato. Non sarà una specie di lento suicidio?"

Derek Rasmussen

Il rientro in fabbrica, dopo la pausa estiva, è pieno di bei ricordi, di volti abbronzati, di braccialetti etnici e di qualche nuova storiella sentimentale. Ma quanto dura?
Ben poco.
Dopo qualche giorno il pensiero vola già alle prossime ferie, al prossimo viaggio. Mario forse andrà in Sicilia, Luca forse ritornerà in Croazia con la famiglia, Giuseppe quasi sicuramente resterà a casa, chiuso dentro il salotto, con il condizionatore e la tv accesi.
E intanto il tempo ci passa sopra, davanti, sotto gli occhi.
Per tutti, non solo per l'operaio!


domenica 26 agosto 2012

Ambiente contro Lavoro?


Un contributo di Gianni Alioti 
(tratto da "L’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto. Terza parte)"

Si è molto parlato e scritto - questa estate - sugli operai
dell’Ilva. Se hanno o no coscienza della nocività causata dal loro
lavoro. Su cosa e quanto fanno a tutela della salute dei tarantini.
Una cosa è certa. Non è giusto colpevolizzarli per l’inquinamento. 
Come tutti i “salariati” anche i lavoratori di Ilva soffrono dell’innegabile 
debolezza della loro posizione.
Devono scegliere tra disoccupazione e accettazione del rischio. Anzi
nel caso di Taranto, molti di loro, vivono il rischio ambientale due
volte, sul posto di lavoro e fuori.


Il bisogno “mediatico” di semplificare ha generato facili
estremismi. Ambiente contro Lavoro. Nero e Bianco. On - Off. 
Eppure non tutti gli ambientalisti sono degli irresponsabili che vogliono
mandare in mezzo alla strada diciottomila lavoratori e le loro
famiglie. E gli operai non sono dei pazzi che vogliono avvelenare la
loro città per mantenere il proprio lavoro. Il bisogno di
semplificare ha, però, creato contrapposizioni. Nell’uno o
nell’altro senso, si prospettano soluzioni solo drastiche. Chiusura
o mantenimento dell’esistente. Con qualche “rattoppo”.


Non c’è mai stato invece, come in questo caso, la necessità di
rifiutare le semplificazioni. E tener conto della complessità.
Tracciando una linea di frattura e di discontinuità con il passato.
A partire dalle relazioni industriali in Ilva, come sostenuto da
Mimmo Panarelli.


Immaginare oggi un futuro per Taranto, ambientalmente, economicamente 
e socialmente sostenibile, significa immaginare una nuova modalità
di produrre acciaio. Con le migliori tecnologie disponibili. Con la
partecipazione dei lavoratori e il controllo della città. Con una
transizione verso il superamento di cokerie e agglomerato (eliminando
alla fonte benzene, benzo(a)pirene, diossine e idrocarburi
policiclici aromatici). Attraverso impianti di riduzione diretta del
minerale di ferro. Coprendo i parchi minerali. Rimodulando le
produzioni. Mantenendo a fine campagna gli attuali altoforni e
sostituendoli gradualmente con i nuovi impianti.


Antonio Pennacchi, un ex-operaio, oggi scrittore di successo, ha
detto con una punta d’ironia che: «Non si può sognare un mondo
verde, senza fabbriche, nel quale ci si sposta con la sola
bicicletta. Perché anche per la bicicletta ci vuole l'acciaio».