lunedì 31 agosto 2009

SI E' CONCLUSO IL PRIDE VILLAGE

PRIDE VILLAGE: FUORI DAL “GHETTO” PER UN RICONOSCIMENTO NELLA SOCIETA'

di Federico Bollettin

(pubblicato su Il mattino di Padova domenica 30 agosto)

Si concluderà questa sera, tra i padiglioni della fiera di Padova, il Pride Village “la festa di tutti” alla sua seconda edizione. Forte del successo dello scorso anno, la manifestazione promossa da Arcigay ha cambiato sede, rendendola sempre più al centro dell'attenzione, con un paio di settimane in più. Il luogo è stato ben curato, gli sponsor sono aumentati, gli ospiti graditi.
E mentre continuano a ripetersi fatti di violenza nei confronti di persone omosessuali, l'ultimo accaduto a Roma non molti giorni fa, Padova ha nuovamente offerto uno spazio di libertà in cui anche gay, lesbiche e transessuali possano sentirsi al sicuro, dai pregiudizi prima di tutto ma anche da gesti di discriminazione. Chiusi dentro un luogo protetto, se vogliamo, in attesa però di uscire fuori allo scoperto quando il clima politico e sociale lo permetterà. Violenza è rifiutare e discriminare una persona perchè gay, violenza è anche imporre una nuova visione di coppia, di famiglia, di amore senza una adeguata preparazione culturale. Lo dico per esperienza personale: quando pretendi che gli altri accettino una novità, spesso si ottiene l'effetto contrario! Occorre tanta educazione, e un euro di laicità che ognuno dovrebbe gettare nel salvadanaio dello Stato e nel cestino delle offerte in chiesa. E l'Italia, per molti, è in pesante ritardo rispetto ad altri Paesi europei, e ciò è dovuto principalmente alla forte e influente presenza vaticana. “Il fatto di non avere gli stessi diritti delle coppie eterosessuali” mi racconta un ragazzo di Legnago “ci spinge a non credere in relazioni stabili e durature. Il non essere riconosciuti crea infedeltà e infelicità”. Ma almeno al Village due ragazzi possono baciarsi, seduti sui divanetti, più per liberazione che per esibizionismo. Dalle serate-dibattito che hanno saputo coinvolgere il pubblico agli spettacoli musicali, dai documentari alla classica discoteca all'aperto. Non manca davvero niente. O forse manca la possibilità di allargare i confini del Pride Village fino al punto da contenere tutta la città. Viviamo realmente in un “village” dove ognuno vorrebbe esprimere con orgoglio la propria unicità e diversità, senza nascondersi per paura di essere arrestato o picchiato per niente. Solamente per il fatto di esistere. In alcune occasioni il neoassessore dell'Ambiente del comune di Padova, Alessandro Zan, nonchè presidente regionale di Arcigay, ha ribadito l'importanza di un'educazione al rispetto delle diverse tendenze sessuali, contro l'omofobia, da promuovere soprattutto nelle scuole e nei luoghi di ritrovo dei giovani.

CHIEDO UNA REAZIONE ALL'ARTICOLO: Ho detto qualcosa di irrispettoso nei confronti di omosessuali, lesbiche o transessuali? Ve lo chiedo perchè l'anno scorso il mio articolo sulla conclusione del Pride Village era stato ripreso da alcuni siti di gay, arcigay, Grillini, ecc... Quest'anno finora non lo vedo circolare. Allora mi chiedo se ho scritto qualcosa che non va o che offende, o addirittura di troppo scontato. Magari sono altri i motivi per cui non è stato citato, allora vuol dire che sento forte e provocatoria una frase che ho scritto: "Violenza è rifiutare e discriminare una persona perchè gay, violenza è anche imporre una nuova visione di coppia, di famiglia, di amore senza una adeguata preparazione culturale". Aspetto reazioni... grazie mille!

INCOMPRENSIONI CULTURALI

Non giustifico nè condanno l'atteggiamento di quei genitori nigeriani, che abitano in un quartiere a Padova vicino al mio, che non volevano permettere l'intervento di asportazione dell'occhio del proprio figlio, affetto da un tumore al bulbo oculare. Soltanto l'intervento delle forse dell'ordine e del tribunale dei minori di Venezia che hanno tolto la patria potestà ai genitori, è servito per poter iniziare l'intervento, che avverrà domattina presso l'ospedale di Padova.
"Marito e moglie, nigeriani, dicono di non essere intenzionati a procedere per via chirurgica e di sperare in un miracolo", scrive il giornlista sull'articolo di oggi.
Non so, mi viene spontaneo rispettare la loro scelta, perchè non è facile vedere un proprio figlio senza un occhio. Però nello stesso tempo quel figlio, senza intervento, è destinato a morire. E qua entrano in gioco diverse concezioni della vita, della realtà, della salute, della medicina, della fede...
Certo, povero bambino, dovrà vivere due volte discriminato: non solo per avere la pelle nera ma anche per non avere un occhio. Almeno mi auguro che possa ritornare nella sua famiglia, accolto e amato per quello che è.

venerdì 28 agosto 2009

I COSTRUTTORI DI VITA



(nella foto: gli arachidi non nascono dagli alberi!)

-Perché si prenda coscienza della militarizzazione del territorio
sostenendo nonviolentemente le ragioni della buona causa
di fronte ai soprusi, alle illegalità e alla rassegnazione.

Fiaccolata
Sabato 29 agosto 2009
ore 20.15
Concentramento e inizio fiaccolata alle ore 20.15 di fianco alla Caserma Chinotto, sede della Gendarmeria Europea e del COESPU, in via Medici a Vicenza.
Il percorso si snoderà per Via Castelfidardo, Via Prati, via Goldoni
e si chiuderà alla rotatoria di Viale Ferrarin - Viale Dal Verme.
Durante il percorso verranno fatte delle brevi soste con letture e testimonianze proposte dal Coordinamento cristiani per la pace, a sostegno del digiuno di don Bizzotto.


-Se la politica si è arresa all’insipienza, servono alternative sapienti
E' il tema scelto quest’anno per il Convegno di Asiago (VI) promosso dall'associazione Macondo (www.macondo.it), che si svolgerà sabato 29 e domenica 30 agosto. In continuità con quello dello scorso anno sull’amore politico, vuole essere un tentativo, il nostro, di vivificare le energie che legano tra loro il quotidiano, la cultura e la politica.
Non è sufficiente guardare ed elencare i problemi che esistono ma scoprire anche il positivo che, oggi, resta impensato e insperato. Al male che ci sta di fronte occorre individuare un’alternativa positiva, sognarla, sperarla. Spesso ci sentiamo
impotenti ad affrontare questo sistema di dominio, questa grande mistificazione che, biblicamente, potremmo chiamare idolatria.
Sappiamo, d’altra parte, che l’idolatria va in crisi appena si affaccia la vera speranza. Ogni cultura degenera,muore, si riduce a schema comportamentale di sopravvivenza se non recupera un orizzonte di speranza, se non è credibile. Oggi è prioritario aiutare la società a vedersi in quegli spazi che normalmente non percepisce e per fare questo è urgente avviare dei processi educativi, senza i quali nessuna azione politica riuscirà a generare futuro.

--La settimana prossima ai Giardini Sospesi (dietro Prato della valle)
Arci Padova, Comune di Padova e Carichi Sospesi
presentano
RECIPROCITTÀ
una rassegna di teatro, musica, danza e letteratura dedicata a NEDA,
un progetto per educare alle differenze
Le culture sono costruzioni in divenire permanente, realtà meticcie dove agiscono numerose sottoculture che, nel confronto con l’”altro” si trasformano di continuo.

I NUOVI MERCANTI DI MORTE



(nella foto: pensieri di un uomo impotente)

COPIO E INCOLLO ALCUNE FRASI DI UN ARTICOLO DELL'ESPRESSO
(27 agosto)

"Montagne d'armi per alimentare le guerre africane. Vendute da italiani. Un regime che chiede tangenti su tutti gli affari. Ecco la Libia con cui Berlusconi stringe patti segreti".

"Prima di Berlusconi un'altra incredibile squadra di imprenditori italiani era corsa a Tripoli per fare affari. Sono i nuovi mercanti di morte, figure inedite e sorprendenti di quarantenni che riforniscono gli eserciti africani di missili, elicotteri e bombardieri. E che passano in poche settimane dai cantieri edili alla compravendita di fucili d'assalto, tank e cannoni. Improvvisarsi commercianti di kalashnikov è facilissimo: trovarne mezzo milione sembra un gioco da ragazzi. Ma tutto è a portata di mano: caccia, radar, autoblindo. Si va direttamente alla fabbrica, in Cina, nell'ex Urss o nei paesi balcanici".

COME BERLUSCONI SI E' COMPRATO ANCHE IL PERDONO

LA PERDONANZA MEDIATICA
di VITO MANCUSO

Nella Chiesa antica la penitenza era una cosa seria. Riguardava peccati come l'omicidio, l'apostasia, l'adulterio e veniva amministrata in forma pubblica.

Dopo che il peccatore era stato escluso dalla comunità liturgica per un congruo periodo di tempo e aveva confessato al vescovo il proprio peccato. Il perdono liturgico si poteva ottenere solo una volta nella vita, e se poi si peccava di nuovo non c'era più possibilità di essere riammessi a pieno titolo nella comunità cristiana.
All'inizio del medioevo la penitenza divenne reiterabile, ma non per questo perse di rigore: i confessori (ruolo che prese a essere esercitato anche dai semplici preti) avevano a disposizione appositi libri, i cosiddetti "penitenziali", dove a determinati peccati si facevano corrispondere determinate pene secondo un tariffario oggettivo per evitare favoritismi e disposizioni "ad personam", possibili anche a quei tempi.
Per esempio il penitenziaro di Burcardo di Worms, databile intorno all'anno Mille, stabiliva che per un omicidio ci fossero 40 giorni consecutivi di digiuno a pane e acqua e poi 7 anni costellati da privazioni di ogni sorta, soprattutto astinenze sessuali; per un giuramento falso, sempre i canonici 40 giorni di digiuno da estendere poi a tutti i venerdì della vita; per un adulterio "penitenza a pane e acqua per due quaresime e per 14 anni consecutivi". E' importante notare che nel primo millennio l'assoluzione dei peccati veniva concessa solo dopo aver compiuto le opere penitenziali.

Con l'estendersi della mondanizzazione della Chiesa la procedura legata alla penitenza si fece più flessibile: l'assoluzione venne concessa subito dopo l'accusa a voce dei peccati da parte del penitente e a prescindere dall'esecuzione della penitenza assegnata, per soddisfare la quale, peraltro, nacque presto la pratica delle indulgenze. E' noto che fu proprio il persistente abuso della vendita delle indulgenze a costituire la causa della ribellione di Martin Lutero e la successiva divisione della Chiesa.

Nonostante ciò anche la perdonanza celestiniana del 1294 era, ed è, una cosa molto seria. Nella bolla d'indizione papa Celestino V fa ampio riferimento a Giovanni Battista, in particolare al suo martirio, visto che la perdonanza ricorre proprio il 29 agosto, giorno della celebrazione liturgica della decapitazione dell'ultimo grande profeta biblico.
E' noto infatti che Giovanni Battista finì in galera e poi venne decapitato per la sua severità morale, in particolare per aver richiamato il re Erode al rispetto della morale matrimoniale, infranta pubblicamente dal sovrano che conviveva illecitamente con la moglie del fratello Filippo, Erodiade, "donna impudica", come la definisce papa Celestino V nella bolla.
E' a tutti evidente che Giovanni Battista, seguendo lo stile degli altri profeti biblici, non aveva ancora sviluppato la sottile arte della diplomazia ecclesiastica, capace di distinguere tra vita privata e ruolo istituzionale dell'uomo politico, e così utile a navigare tra le tempeste del mondo senza perdere (fisicamente) la testa.
Nella sua ingenuità il Battista riteneva che per un uomo politico non fosse ipotizzabile nessuna distinzione tra vita privata e ruolo istituzionale: era così inesperto di come va il mondo da essere addirittura convinto che se un uomo non è in grado di governare bene e con equità la propria famiglia, meno che mai potrebbe governare bene e con equità la propria nazione.
Evidente che era un primitivo, ben al di sotto delle sottili distinzioni che si teorizzano in questi giorni al Meeting di Rimini e che consentono al segretario di Stato del Vaticano di cenare serenamente con l'attuale capo del governo italiano elevandosi mille miglia più in alto rispetto alla rozzezza del Battista con quel suo modo irrituale di sindacare sulla vita sentimentale del leader del suo tempo.

Ma se era seria la penitenza antica ed era seria la Perdonanza di papa Celestino, ancor più serio, terribilmente drammatico, è lo sfondo su cui tutto questo oggi si ripresenta, cioè il terremoto del 6 aprile coi suoi 308 morti, 1500 feriti e le decine di migliaia di sfollati.
Nella celebrazione della perdonanza celestiniana di quest'anno all'Aquila si intrecciano quindi tre realtà che meritano rispetto incondizionato da parte di ogni coscienza adeguatamente formata, tanto più se cattolica visto il patrimonio spirituale che è in gioco.
Sarebbe stato quindi auspicabile che la gerarchia ecclesiastica non avesse consentito di sfruttare un evento del genere per speculazioni politiche, concedendo visibilità e "perdonanza mediatica" a chi, accusato di aver avuto a che fare con un buon numero di Erodiadi, non ha mai accettato di rispondere pubblicamente e analiticamente alle precise domande in merito, come invece il suo ruolo istituzionale gli impone.
E' chiaro a tutti infatti che all'homo politicus, a ogni homo politicus, non interessano le indulgenze ecclesiastiche, neppure quelle plenarie (le quali peraltro si possono ottenere in ognuna della nostre chiese con relativa facilità, rivolgersi al proprio parroco per sapere come).

All'homo politicus interessa solo la sua riserva di caccia, l'elettorato, e sa bene che la vera indulgenza al riguardo non la si ottiene confessandosi e comunicandosi e facendo tutte le altre pratiche devote prescritte da papa Celestino otto secoli fa, ma semplicemente apparendo in tv accanto al potente porporato sorridente e benevolente.
E' questa l'indulgenza che il capo del governo, abilissimo homo politicus, cerca, ed è questa l'indulgenza che il segretario di Stato Vaticano gli concederà, con buona pace della testa di san Giovanni Battista, di Celestino V e della sua Perdonanza.

Non posso concludere però senza chiedermi se questo spensierato teatro di potenti che si legittimano a vicenda non abbia qualcosa a che fare con quel nichilismo a proposito del quale Benedetto XVI ha avuto di recente parole di pesantissima condanna.
Il fatto che la gerarchia della Chiesa cattolica teoreticamente condanni il nichilismo e poi praticamente lo alimenti, si può spiegare solo con una sete infinita di potere, la quale non giace nelle coscienze dei singoli prelati ma è intrinsecamente connaturata alla struttura di cui essi sono al servizio.
La cosa è tanto più drammatica perché forse mai come ora gli uomini sentono il bisogno di apprendere l'arte del perdono e della riconciliazione.


(Tratto da: “Repubblica” del 28.08.2009)

giovedì 27 agosto 2009

IL DIGIUNO DI DON ALBINO

Piena solidarietà con don Albino e il suo digiuno di protesta contro la base militare Dal Molin a Vicenza. Stamattina alle 12 conferenza stampa davanti alla sua roulotte. Il suo digiuno provoca riflessioni, anche se difficilmente riuscirà a interrompere il lavoro delle ruspe. La sua lettera è stata pubblicata oggi dal Mattino di Padova, in prima pagina.
Un digiuno serve, lo vorrei fare anch'io davanti al duomo di Padova, in segno di protesta contro le ingiustizie all'interno dell'istituzione ecclesiastica. Proprio ieri ho incontrato un altro amico prete, stanco di sentirsi un burocrate da scaricare di parrocchia in parrocchia. Digiunare contro le armi e la guerra è abbastanza condiviso anche dentro la Chiesa, ma digiunare contro le armi che la Chiesa usa per distruggere psicologicamente i suoi figli, è ancora impensabile. Vedremo gli effetti del digiuno di don Albino, all'ottavo giorno, in pieno Ramadan.

mercoledì 26 agosto 2009

IL VALORE DEI SOLDI



(ballerine del Sea Palace, Limbè-Camerun, nel corridoio del locale, in attesa di esibirsi)

LO STRANIERO CHE CI SALVA

"Non sono venuto a portare la pace, ma una spada!" Sono parole messe in bocca a Gesù dagli evangelisti che richiamano la coerenza del messaggio cristiano, capace di dividere quando serve. Chissà, forse la questione immigrazione, lo straniero, riuscirà a rompere e ridimensionare tacite alleanze tra Stato italiano e Chiesa CEI, che risalgono ai tempi del concordato.
Siamo qui che attendiamo prese di posizioni nette da parte dei rappresentanti ufficiali della Chiesa, affinchè riconoscano come l'ideologia leghista sia nettamente in contrapposizione con l'ideale evangelico. E che rinuncino a quei soldi per le scuole cattoliche, in cambio di una libertà che li renderà più credibili.

NOTIZIE DALL'ECUADOR

Fabio è arrivato bene, con tutte le valigie e la chitarra.
Al centro Proaño di Quito lo hanno accolto bene.
Ora deve trovare lavoro, e finora ha già ricevuto due proposte: una come responsabile al centro Fepp, nell´equipe di Coca, in foresta, a dieci ore di bus da Quito, e un'altra in città come educatore, creando anche nuovi progetti.
In Ecuador mancano i finanziamenti per progetti sociali... così come sta succedendo in Italia!
Fabio mi ricorda che entrambe le realtà sono mal viste dalla chiesa-istituzione!
Buona scelta, allora, noi ti pensiamo.

DIO NON PUO' ESSERE COSI' ASSURDO

RICEVO E PUBBLICO QUESTA BREVE LETTERA

In chiesa hanno letto un brano dell'Antico Testamento: parlava di una madre
che ha preferito veder morti 7 figli (Maccabei)piuttosto che vederli
disobbedire alla legge (mangiare carne di maiale).
Il parroco l'ha decantata come esempio di madre... A me sono venuti in mente i testimoni di Geova, in ospedale danno i numeri per una trasfusione; i musulmani che non vogliono bere l'acqua mentre raccolgono i pomodori nei campi... John Travolta che non cura il figlio autistico...
E' tutto così assurdo! Dio non può essere così assurdo, ma noi uomini siamo proprio ridicoli!
Ti ammiro tanto
Ciao Laura

DUE ONOREVOLI AL PRIDE VILLAGE

REAZIONI A PELLE SUL DIBATTITO: QUALE FUTURO PER LA SINISTRA?

Ho partecipato, ieri sera, al dibattito con l'On. Debora Serracchiani, europarlamentare del PD, e l'On Fulvia Bandoli, di Sinistra e Libertà, sul futuro della sinistra italiana, svoltosi al Pride Village di Padova. In realtà si è parlato molto del passato e degli errori che la sinistra ha fatto e sta facendo nel non riuscire a proporsi come alternativa autorevole al centrodestra di Berlusconi e Bossi. "Manca una squadra di politici che diriga la sinistra" sostiene la Bandoli che non crede in un leader, solo, e sempre meno potente dal punto di vista economico di Silvio. La Serracchiani è più ottimista e appoggia la candidatura di Franceschini come segretario del PD. "Mi è simpatico - afferma la giovane europarlamentare - e ha dato prova di avere coraggio".
Le reazioni del pubblico non mancano. Più che domande, voglia di parlare. Sì, c'è bisogno di parlare di politica, di esprimere le proprie idee, di essere ascoltati. Qualcuno si infiamma: un giovane 23enne si traveste da Grillo e ricorda che siamo governati da corrotti e pregiudicati. Una donna dipietrina chiede di affrontare temi concreti, dal precariato al conflitto di interessi.
Il clima è caldo, ma nello stesso tempo interessante. Alcuni intervengono spontaneamente dal pubblico con qualche frase provocatoria. Gli applausi approvano gli interventi. I nostalgici di Berlinguer si fanno sentire.
Nessuna conclusione, nessuna risposta, nessuna certezza... comunque è stato bello ascoltar parlare di politica dal vivo, piuttosto che addormentarsi davanti a Porta a Porta!

SUL TESTAMENTO BIOLOGICO


NICOLA MARTINELLI
ALLA FINE DECIDO IO
IL TESTAMENTO BIOLOGICO VISTO DA CITTADINI - PROFESSIONISTI - POLITICI LEADER RELIGIOSI

http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=313418

Ecco la presentazione dell'autore, che conosco e di cui apprezzo il lavoro:

Il TESTAMENTO BIOLOGICO è un documento scritto, attraverso cui una persona dichiara in piena lucidità mentale, quali terapie accettare o non accettare nel caso si trovasse in condizioni di incapacità in tema di trattamento medico, ossia: idratazione, alimentazione, ventilazione forzata……….. È uno strumento da far valere nel momento in cui la persona perdesse l’autosufficienza e non fosse più in grado di intendere e di volere e quindi di decidere a causa di gravi patologie, ictus, incidenti, stato vegetativo. È un tema da lungo tempo al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico..

Questo libro vuole offrire un contributo serio ed approfondito, in una forma divulgativa ed agile alla riflessione sul testamento biologico, sui diritti del malato terminale, sulle competenze necessarie per accompagnare una persona che si trovi alle frontiere della vita. Contiene inoltre uno specifico approfondimento sui rapporti tra religioni e questioni bioetiche.

Il testo si rivolge a tutti i cittadini che quotidianamente si prendono cura dei propri cari in fase terminale di malattia, ai professionisti: medici, infermieri, assistenti sociali, operatori socio sanitari, educatori, ministri del culto, ai volontari che li accompagnano, ai politici impegnati a legiferare sul testamento biologico, ai leader religiosi.

Il titolo programmatico del testo “Alla fine decido Io” vuole indicare un percorso affinché ciascuno si prenda la vita nelle proprie mani e venga riconosciuto ad ogni cittadino il diritto di vivere e morire alla luce delle sue convinzioni civili, religiose, etiche, delle sue idee sul perché la vita abbia valore e dove risieda quel valore.

Il testo si articola in 5 capitoli.

Il primo presenta lo stato della questione, i temi eticamente sensibili: accanimento terapeutico, eutanasia, terapia del dolore, testamento biologico.

Il secondo rappresenta una riflessione approfondita intorno ad un tema particolarmente dibattuto: il testamento biologico come punto d’incontro tra visioni diverse. Vedremo i risultati di un sondaggio, il significato profondo del testamento biologico, i nodi non ancora risolti, le metodologie e gli strumenti per porlo in essere, una sintesi dei vari disegni di legge in discussione in parlamento.

Nel terzo sono enunciati i diritti del malato terminale, i riferimenti normativi, il consenso informato, il diritto a non sapere. In questo capitolo sono presentati due casi che per parecchi mesi hanno spaccato l’opinione dei cittadini e della politica italiana: il caso Welby e il caso Englaro. Faremo luce sui punti essenziali.

Nel quarto vedremo quale ruolo sono chiamati a svolgere i professionisti dell’aiuto, le competenze necessarie nel lavoro di cura, i valori di riferimento. Inoltre vedremo più da vicino un ambito che intercetta tante situazioni di uomini e donne che si trovano alle frontiere della vita: l’ospedale. Prenderemo in considerazione una metodologia operativa: il lavoro di rete.

Nel quinto capitolo si rifletterà su come le religioni si collochino nel dibattito e se sia possibile una convergenza. Sono proposte 5 visioni differenti: ebraica, cattolica, valdese, islamica, laica e se sia pensabile e possibile una sintesi.

MATRIMONI DI COMODO NON SOLO TRA IMMIGRATI

CI SONO MATRIMONI COMBINATI ANCHE TRA I VIP DI CASA NOSTRA
di Federico Bollettin

Da quando sono entrate in vigore le norme del nuovo pacchetto sicurezza stanno saltando i cosiddetti “matrimoni combinati”, tra coppie miste o tra coppie di immigrati che non sono entrambi in possesso del regolare permesso di soggiorno. Dalle statistiche esiste in Italia un 30 per cento dei matrimoni misti che ha per obiettivo l'ottenimento della cittadinanza italiana. Più difficile invece è calcolare la percentuale dei matrimoni di comodo tra gli immigrati o tra gli italiani stessi. Alcuni uomini stranieri mantengono ad esempio due famiglie, una in Italia (quella di comodo) e una nel loro Paese di provenienza (quella reale). Anche a casa nostra, però, non è raro che tra i vip i matrimoni siano solo un modo per fare gossip o per aumentare il proprio conto in banca. Matrimoni combinati regolarizzati?
Ritornando al caso specifico, emblematico è quanto è successo a Verona: su 22 matrimoni civili che avrebbero dovuto essere celebrati a Palazzo Barbieri sabato 8 agosto, la metà sono saltati. Non si esclude, però, che in futuro le organizzazioni criminali troveranno un altro escamotage per vendere permessi di soggiorno in cambio di cospique somme di denaro (che vanno dai 5mila ai 20mila euro). Comunque la vita si fa sempre più dura per chi mente in amore. Per la giovane moldava irregolare sarà più difficile ora sposare il vedovo pensionato, che cerca compagnia dopo la morte della moglie. Dall'altra parte, però, anche per chi non mente ma purtroppo è clandestino in Italia, non è più possibile unirsi in matrimonio. É quello che è successo a Jennifer e Mike, di nazionalità nigeriana, che convivono ormai da un paio d'anni ed hanno un bambino di qualche mese. Nonostante avessero fissato ancora a giugno la data del loro matrimonio, da celebrare giovedì prossimo in un comune della bassa padovana, nessuna telefonata li ha informati della loro situazione irregolare, secondo le nuove norme. I funzionari del comune di Padova hanno cercato invece di contattare gli interessati per anticipare la data delle nozze prima dell'8 agosto. Un gesto lodevole che ha premiato le coppie realmente convinte di tale atto giuridico e soprattutto del loro amore. A Jennifer e Mike non resta che andare in Nigeria per celebrare il loro matrimonio. Poi solamente chi dei due possiede il permesso di soggiorno potrà tornare in Italia ed avviare la pratica per il ricongiungimento familiare. Un vero inferno dal punto di vista burocratico, economico, fisico ed emotivo. Così salteranno molti matrimoni combinati ma anche gli equilibri di molte coppie che si amano sul serio.

(pubblicato da "Il Mattino di Padova" martedì 25 agosto)

lunedì 24 agosto 2009

UN VERO UOMO

"Un vero uomo dovrebbe lavare i piatti" Caparezza

Aggiungo, un vero uomo dovrebbe cambiare i pannolini! (sporchi di cacca)

TRA DIGIUNI E MOTIVAZIONI VARIE

E'iniziato il digiuno del Ramadan per i musulmani, perchè l'ha detto Maometto o per altre motivazioni più profonde. Don Albino Bizzotto digiuna in segno di protesta davanti alle ruspe che stanno lavorando per il raddoppio della base militare Dal Molin a Vicenza. Il mio vicino di casa sta digiunando in seguito ad un'operazione chirurgica. Da oggi un'amica ha deciso di iniziare la dieta, per l'ennesima volta!

domenica 23 agosto 2009

AMORE SENZA CONFINI

Ieri ho partecipato al matrimonio civile di due amici nigeriani, oggi mi aspetta quello religioso. All'inizio, in base alle nuove disposizioni del pacchetto sicurezza, non poteva essere celebrato. Poi, il sindaco, mosso dal buon senso (visto che la data era già stata fissata da fine giugno) ha deciso di celebrare il rito. Fino a quando dureranno le eccezioni?!

BOSSI E IL VATICANO


Viene ribaltato il risultato. Anche alcuni vescovi si indignano delle parole, e di come vengono espresse, di un paladino della cattolicità in Italia: Umberto Bossi. Non era lui che si batteva per non togliere i crocifissi dalle aule delle scuole e dalle pareti dei luoghi pubblici? Ebbene, cosa sta facendo per i crocifissi viventi che approdano sulle coste italiane? Intanto i vescovi parlano di diritti degli immigrati, ed è una cosa buona. Un primo tentativo di contropiede che non necessariamente si trasformerà in rete! Intanto assistiamo al match, mediatico naturalmente, sapendo che già da alcuni anni gruppi di persone lottano controno le leggi razziali e discriminatorie della Lega e di altri partiti.

venerdì 21 agosto 2009

RITORNA IN ECUADOR: BUON VIAGGIO!


Cambiare non significa necessariamente rompere con il passato o stravolgere la propria vita. La vocazione di don Fabio Lazzaro, classe 1973, originario delle Cave e ordinato prete nel 2001, non si è spenta, ma si sta arricchendo di nuovi colori. Nel 2003 ha raggiunto l'Ecuador come missionario fidei donum della diocesi di Padova, e dopo alcuni anni di pastorale ordinaria, prima in una parrocchia alla periferia di Quito e poi lungo la costa, si è interrogato sul ruolo che stava esercitando. Lo scorso maggio è arrivato in Italia per terminare un periodo di riflessione e cosí poter scegliere e comunicare al vescovo Mattiazzo, oltre che a familiari e amici, la sofferta ma felice decisione di ritornare laico. Un passo non contro la Chiesa ma contro alcune regole di cui non ne capisce piú il valore.  La conseguenza della dispensa dagli obblighi derivanti dall'Ordine Sacro comporta, secondo il Diritto Canonico, la riduzione del prete allo stato laicale. Il termine “riduzione” evidenzia purtroppo quale livello di considerazione ed importanza abbiano i laici nell'istituzione: sono trattati come soggetti di seconda categoria. Però Gesù non ha fatto il prete, ha fatto il laico, e questo Fabio l'ha capito molto bene. Potrà assomigliargli, forse, di più adesso nella misura in cui troverà il suo modo di essere felice e comunicare la vera gioia che viene - secondo lui - dal conoscere il cuore del messaggio evangelico.
Nella lettera che, dopo un acceso colloquio, ha consegnato al padre vescovo scrive: “I motivi principali per cui chiedo la rinuncia al ministero presbiterale sono sostanzialmente due: uno riguarda la mia identità ecclesiale e di conseguenza lo stile pastorale, l’altro la mia affettività e il mio non capire più il celibato”. Due validi motivi per sorpassare la promessa di obbedienza e ascoltare la propria coscienza. Ma la cosa sorprendente è che Fabio vuole tornare in Ecuador, e proprio oggi l'aereo lo aspetta al Marco Polo di Venezia. Senza titoli né certezze, desidera continuare il suo impegno a favore dei più poveri, nella regione amazzonica. “Penso che il mio futuro – conclude nella lettera - sia in Ecuador (per lo meno per i prossimi anni, e non escludo per tutta la vita), vicino a tante situazioni di povertà, con stile povero e solidale per cercare nel mio piccolo di attuare qualcosa del programma di vita di Gesù: le Beatitudini”. Si toglie la tonaca ma non rigetta la vocazione, rinuncia alle comodità del mondo occidentale e accoglie la sfida di compiere il viaggio inverso. Mentre la processione dall'Africa all'Italia non si arresta neppure con l'introduzione di leggi sempre più restrittive, Fabio Lazzaro intrapprende il percorso controcorrente: fare l'extracomunitario volontario in un Paese cosiddetto “sottosviluppato” nonostante sia in possesso dell'ambito passaporto italiano. Follia? Chissà, forse ha più senso accettare di vivere in condizioni essenziali lì, che soffrire di incomprensione e solitudine qui, dove si fatica ad accogliere e valorizzare idee e comportamenti diversi. Comunque c'è sempre un posto, in questo mondo, perchè ciascuno possa realizzarsi pienamente.
(Per reazioni: fabiofubex@gmail.com)

giovedì 20 agosto 2009

INIZIA IL RAMADAN


Il tempo del Ramadan è un tempo di digiuno, di preghiera, di solidarietà che quasi tutti i musulmani vivono con forte radicalità. Riporto di seguito alcuni passaggi del saggio di Bandiagara, espressione di un islam diverso da quello comunemente descritto.

PAROLE SU DIO


I figli di uno stesso padre sono forse meno fratelli e meno figli legittimi del loro genitore per il fatto che sono fisicamente diversi? Sulla base di questa verità, compiangiamo coloro che negano ai credenti delle diverse confessioni un'identità spirituale e la fraternità in uno stesso Dio, Creatore unico e immutabile. Con buona pace di chi è attaccato alla lettera, per noi una sola cosa conta al di sopra di tutto: professare l'esistenza di Dio e la sua unicità.

PAROLE SULLA RELIGIONE

In Dio, fratelli di tutte le religioni, abbattiamo le barriere che ci separano; demoliamo tutte le creazioni artificiali che oppongono gli essere umani gli uni agli altri! Ci siamo allontanati da Dio, ci siamo fuordeviati nei labirinti del nostro sinistro edificio, costruito con i mattoni della menzogna e con il cemento della calunnia.

PAROLE SULLA FEDE

La mistica dà all'uomo quella conoscenza di Dio che è una sorta di acqua sottile, la cui assenza rende lo spirito simile a un terreno arido e arso. La mistica scaturisce da due cose: -da una rivelazione fatta da Dio a un uomo da lui prescelto, un profeta che la diffonde e la spiega; -dall'esperienza vissuta, frutto della lunga osservazione meditativa di un individuo predestinato.

lunedì 17 agosto 2009

TRA VIAGGI E SPOSTAMENTI FISICI


Siamo in pieno exodos verso la Terra Promessa, il luogo più lontano possibile dalla quotidianità. Quando un mare sporco viene ardentemente desiderato o quando il traffico sulle strade diventa inevitabile, allora non è la meta che conta nè la modalità per arrivarci. Ciò che si cerca è un luogo fisico dove poter dimenticare la routine, dove gli occhi possano incontrare persone sconosciute, oggetti nuovi, paesaggi e colori diversi. Troppo spesso ci si accontenta di viaggiare su internet, o mentalmente, evadendo la realtà con l'immaginazione. Dunque si parte, crisi o non crisi, con il sudore della fretta, il motore acceso, la voglia di arrivare. Dall'altra parte dell'asfalto rovente ci aspettano accoglienza e reception, le parole d'ordine di questo mondo così ospitale! Si ha la sensazione di essere lontani da casa e nello stesso tempo in casa propria, ospitati ancor prima di chiedere ospitalità. Accoglienza tirannica che non permette neppure di non voler essere accolti. Ovvio, si capisce subito che si tratta di una situazione illusoria e solo provvisoria. Ma ci piace essere attesi, come un numero magari, però con il sorriso. Inizia l'Odissea, il viaggio per autoconvincersi di essere felici almeno per qualche giorno, di stare bene lontano dal proprio ambiente di lavoro, da una quotidianità monotona e stressante. Quanto dura o può durare questa piacevole sensazione?
Ma viaggiare non è solamente uno spostamento fisico così come viene presentato sulle vetrine delle agenzie. New York piuttosto che Sharm El Sheik, Croazia piuttosto che Marocco. Ridotto a prodotto di consumo, già confezionato, il viaggio rischia di trovarsi consumato prima ancora di essere effettuato, come se il consumo venisse anticipato nell'offerta del tipo di prodotto. Nessuna avventura sarà allora possibile, nessun rischio, deludendo le aspettative di chi cercava la novità e il cambiamento. Tranquillità? Solo in alta montagna, tra fatica e bagni a cielo aperto, in un camping ai piedi delle Dolomiti, se il tempo permette. “Quel che conta è la compagnia?” Trovarne di amici o compagni di viaggio, disposti a modificare abitudini personali ed arrivare a compromessi per mantenere unito il gruppo. Chi invece ha intuito che “il tesoro più prezioso è nascosto sotto la stufa della propria cucina”, per usare un proverbio orientale, non si farà grandi aspettative da una o due settimane di vacanza, oppure cercherà di scoprire e rivalutare una Padova più conosciuta dai turisti, godendosi le strade deserte col tram in ferie. Cade la distinzione tra fuori e dentro, tra vita e viaggio. Sempre in partenza, mai arrivati.

sabato 15 agosto 2009

ASSUNTA: I DOGMI IN DISCUSSIONE


I dogmi che la ricerca biblica e i movimenti di riforma della Chiesa cattolica hanno messo in discussione già da alcuni anni riguardano non soltanto la divinità di Gesù di Nazareth, ma di conseguenza il dogma della verginità di Maria, quello della sua maternità divina e assunzione in cielo. Per non parlare inoltre di quello riguardante l'infallibilità del Papa.
Un dogma di per sè è sempre qualcosa di chiuso, fermo, impietrito e quindi negativo. E se aggiungiamo il fatto che non è basato sui testi evangelici, ma sulla volontà di potere di alcuni uomini, lo è ancor di più. Più si concentra l'attenzione sui dogmi, sui precetti, sui comandamenti-divieti e più si soffoca la coscienza e la libertà dei credenti. Così come uno Stato si rivela perdente se ha bisogno di leggi sempre più restrittive per stabilire l'ordine sociale. I "dogmi cristiani" dovrebbero portare questi nomi: DOGMA DELLA DIGNITA' DELLA PERSONA UMANA, DOGMA DELLA LIBERTA' DI COSCIENZA, DI PENSIERO, DI ESPRESSIONE, DOGMA DEL DIALOGO INTERCULTURALE, DOGMA DELLA GIUSTIZIA... E come le vacanze estive ci hanno distratto sulle amare conseguenze della crisi economica e del pacchetto sicurezza, così probabilmente certe feste dogmatiche-mariane distolgono lo sguardo dei fedeli dalle reali sfide di questa umanità.

RAFAEL CORREA FOR PRESIDENT IN ITALIA!

Se i gesti e le parole di profezia non arrivano da chi si definisce rappresentante in Terra del Dio di Gesù di Nazareth, lo Spirito sta soffiando altrove. Penso ai discorsi di Barak Obama, ma anche ad alcuni personaggi politici dell'America Latina. Rafael Correa Delgado, presidente costituzionale della Repubblica dell'Ecuador, ha donato all'umanità un discorso ricco di Vangelo, e quindi di grande umanità.

INTERVENTO IN OMAGGIO AI MARTIRI DELL'UNIVERSITA' CENTRO AMERICANA – UCA

San Salvador, 1 Giugno 2009


Care amiche e cari amici,

nella nostra America, la memoria è sovversiva; in ognuno dei nostri paesi lottiamo contro l'impunità, contro l'oblio; qui per gli spazi aperti dell'Università Centro Americana, ogni novembre, si accendono dei lumicini, che portano il loro fuoco ad altri lumi, da mano a mano, di parola in parola, per realizzare il modello di luce che, coerentemente, illuminò i martiri del 19 novembre del 1989.

La lotta permanente per cambiare le condizioni di vita dei nostri paesi, costituisce la nostra professione di vita, il nostro canto d'amore, la celebrazione della memoria.

Per questo Ignazio Ellacuria, Ignazio Martin-Barò, Segundo Montes, Juan Ramon Moreno, Amano Lopez, Joaquin Lopez y Lopez, Elba e Celina Ramos, furono assassinati: facevano scendere i crocifissi dalle loro croci, mettendoci il cuore, seminando dignità, giocandosi l'anima per i poveri e i bisognosi.

Non importa precisare i nomi di coloro che ammazzarono tanti preti, tra virgolette “comunisti”, il mondo intero sa da quale parte si sparò, da dove si incoraggiò il crimine contro questi martiri, accusati di essere terroristi e assassini, per aver aderito alla Teologia della Liberazione, con l'opzione preferenziale per i poveri, adottata in Puebla, nell'enciclica Populorum Progressio, come dottrina progressista della chiesa.

Per questo cercheranno di uccidere tutti quelli di noi che credono nella parola di Cristo; certo è che i potenti lo cercano di fare, senza successo, dai tempi delle origini del cristianesimo, dalle catacombe di Roma. Come sciocchi, ci hanno provato un'altra volta; e ogni volta che cercano di ammazzarci la speranza, ottengono solo che cresca sempre di più.

“Ellacuria è un guerrigliero”. Che gli taglino la testa”, “Dobbiamo far uscire Ellacuria per ammazzarlo di sputi”, furono alcune delle espressioni che raccoglie la storia, pronunciate a catena, pochi giorni prima del massacro. Non c'è dubbio che frasi analoghe debbano essere state pronunciate ai tempi di Ponzio Pilato.

Noi celebriamo la memoria, onoriamo la vita; da ciò la nostra posizione immodificabile contro l'impunità, la nostra posizione immodificabile contro l'impunità, contro l'oblio; quelli che seminarono morte nei nostri campi e città; quelli che torturarono e fecero sparire migliaia di uomini e donne, quelli che uccisero monsignor Oscar Arnulfo Romero, quelli che assassinarono i martiri della UCA, devono rendere conto della loro infamia, devono essere giudicati e devono pagare per i loro crimini contro l'umanità.

Essi, gli stessi di sempre, in ognuno dei nostri paesi rappresentano i gruppi che hanno detenuto, fin ora, tutti i poteri; i signori delle protezioni prepararono la morte invece del pane; proiettili contro i libri e gli uomini liberi; il disprezzo della vera libertà fece sprecare loro fiumi di inchiostro per ingiuriarci, per mentire; mai poterono imparare ad amare la patria, i loro fratelli, i contadini, la loro storia, il loro tempo, il loro territorio, quello che erano, da dove venivano, quando l'amore proveniva dalle montagne, con i ragazzi, cantando a squarciagola per la vita.

Dopo 19 anni di massacri, è imperativo ineludibile far chiarezza sopra questi crimini. La lotta contro l'impunità è il cammino per costruire una nuova società in cui la paura non abbia ragione d'essere, nella quale l'ingiustizia sia parte di un abietto passato; se gli assassini possono camminare per le strade è poco quello che potremo investire per la giustizia e la dignità della nostra America.

La elezione di Maurizio Funes rivendica per il Salvador la speranza, mai persa, mai assassinata.. “Rendo grazie alla disgrazia e alla mano con il pugnale, perchè mi uccise così male che continuai a cantare...” intona la voce della speranza in lungo e largo per questa nostra America.

Questi sono tempi di dignità, sono tempi nuovi, il nostro saluto commosso al popolo salvadoregno, in questa sua nuova tappa verso la costruzione di una vera democrazia; un grande abbraccio al compagno presidente Maurizio Funes; alla memoria di Francisco Morazan, Farabundo Marti, Roque Dalton, a tutte le donne e gli uomini che, con i loro sacrifici, hanno reso possibile un nuovo El Salvador, che occuperà il posto di dignità che gli compete nel concerto dei popoli liberi della Grande patria.

L'assassinio dei preti gesuiti, di Elba e Celina, semplici donne del popolo; prima di tutto le loro vite, la professione del loro amore, sono parte del cammino verso la vittoria, la costruzione della pace con giustizia; per questo, non possono ricadere nell'oblio.
Jon Sobrino, l'unico che si salvò dal massacro, dice che li uccisero “per essere coscienza critica in una società peccatrice e per essere coscienza creativa di una futura società diversa”.

Fratelli che non ci conosciamo, stiamo congiungendo le nostre mani, di tutti i colori, per innalzare la solidarietà continentale, per onorare il sogno dei nostri notabili, di Farabundo Martì, di Eloy Alfaro, di Monsignor Oscar Arnulfo Romero, di Monsignor Leonidas Proaño - il vescovo degli indigeni dell'Ecuador -, di Simon Bolivar, di Francisco Morazan, integrazionisti, profondi umanisti, esseri di luce, di grande anima, di amore dell'immensa patria americana, la nostra patria.

Nel venir qui, fisicamente, abbiamo fatto lo stesso cammino degli assassini; ma noi veniamo con la vita, con la tenerezza e la speranza.

Siamo per la vita, compagni. La nostra direzione (Stella Polare) è il Sud! Il futuro è nostro, fratelli salvadoregni! E sotto lo sguardo ispiratore dei nostri martiri noi promettiamo di continuare a lottare per questa America libera, orgogliosa, sovrana; degna, giusta, etica, equa.

Fino alla vittoria sempre!

Rafael Correa Delgado

Presidente costituzionale della Repubblica dell'Ecuador

giovedì 13 agosto 2009

QUESTIONE DI PERCEZIONI


(In primo piano: ragazza di Foumbam, Camerun. Sullo sfondo: casa in terra rossa)


Nel bollettino metereologico sono state ultimamente introdotte le temperature percepite, accanto a quelle reali. La percezione del caldo è diversa se consideriamo la percentuale di umidità presente nell'aria. Così in molti altri aspetti, la percezione che abbiamo di un fenomeno dipende da vari fattori. Questo vale anche per la questione sicurezza. Ci sono zone della città dove è più forte la paura di essere scippati o aggrediti, là dove i nostri occhi notano una presenza massiccia di immigrati, identificati come i maggiori nemici della nostra tranquillità. Nei pressi della stazione di Padova, nelle vie del degrado o nei quartieri popolari. Proprio in questi giorni, quando quasi tutti i padovani, nonostante le difficoltà economiche, si concedono almeno un week-end al mare o in montagna, lungo le strade risalta ancor di più la presenza di stranieri sul nostro territorio. E si ha come la sensazione che siano più di quelli che sembrano, perchè son tutti fuori, che camminano o parlano davanti ai bar. Ma è solo questione di percezione.
L'attuale crisi economica invece è maggiormente percepita da chi ne sta subendo le conseguenze, da chi è stato licenziato o da chi vede diminuire progressivamente il totale netto del proprio stipendio. Una percezione che diventa realtà quando in una famiglia cominciano a mancare i beni di prima necessità. Ma sta aumentando anche la percezione della povertà relativa. Secondo i dati dell'Istat in Italia sono quasi 3 milioni gli individui che si trovano in una condizione di povertà assoluta mentre più di 8 milioni risultano in condizione di povertà relativa. Statistiche effettutate prendendo in esame soltanto le persone che hanno una residenza, non gli irregolari domiciliati o senza fissa dimora. Povertà assoluta, come condizione, e povertà relativa, come percezione. Secondo studi recenti la percezione della povertà dipende dal modello economico di riferimento al quale un individuo vuole aspirare. Un cittadino, ad esempio, che percepisce uno stipendio medio e che conduce uno stile di vita superiore alle sue reali possibilità, avrà continuamente la sensazione di essere povero, perchè non riuscirà mai a raggiungere il livello desiderato. Per questo si studia come misurare la “felicità oggettiva” di un popolo, e affiancarla – se non sostituirla – ai parametri più tradizionali. “Non solo il Pil e il reddito ma altri indicatori spiegano chi sta meglio e peggio nel mondo – sostiene Amartya Sen, economista di fama internazionale – una migliore attività sessuale, per esempio, vale come 50 mila dollari in più”.

mercoledì 12 agosto 2009

PRESENTAZIONE BIANCO E NERA

Ho appena ricevuto una telefonata dalla redazione di "Cominciamo bene- estate", la trasmissione di rai3 dove ho registrato alcuni giorni fa la presentazione del mio libro "Bianco e nera. Amanti per pelle". Anzichè il 21 agosto, andrà in onda domani, 13 agosto dopo le ore 11. Chi non avesse di meglio da fare, tra mare e montagna, potrebbe assistere al mio primo debutto in TV. Che ne dite? Sono così impacciato?

L'ALCOL E LA SOLITUDINE DEI PRETI

Se a bere è un prete, lo capisco due volte. Primo perchè è un uomo, secondo perchè è solo. Capisco dunque don Paolo Zanutel che a mezzanotte gira in auto con un tasso alcolico cinque volte superiore al massimo consentito. Tutti sappiamo che è molto semplice sgarrare, due birre medie e sei già fuori. Per evitare la batosta, ho visto amanti del vino trattenersi eroicamente durante cene tra colleghi di lavoro. Per don Paolo, 58 anni, della parrocchia dei Filippini e direttore dell'istituto Baronio di Vicenza, non era la prima volta ad aver problemi con la giustizia. Ritiro immediata della patente, e tanta vergogna, immagino. Qualcuno potrebbe assolverlo come sfortunato, qualcun'altro mettergli sulle labbra il famoso detto: “fate quel che dico, ma non fate quel che faccio!”.
Io invece vorrei soffermarmi su un particolare: era domenica sera. Non mezzogiorno, quando è più facile aver bevuto da poco il vin santo di quattro messe, come è successo “involontariamente” ad un prete di Bologna fermato all'uscita dell'autostrada Milano-Torino il 30 giugno scorso. Era domenica sera, il momento più brutto per un prete, quando gli obiettivi pastorali sono stati raggiunti, cala la tensione, subentra la solitudine. A volte può bastare recitare un rosario, altre volte bere qualche bicchiere in più, poi la routine riporta il sacerdote celibe sui binari dell'attivismo. Certo, la solitudine non è solo dei preti, ma immaginare un uomo che decide volontariamente, una volta per sempre, di rimanere solo... e poi non fa altro che soffrire, mi fa tenerezza. Ce l'ho in mente che esce barcollante dalla sua auto, per vedere i danni arrecati al malcapitato, con la crocetta appuntata sulla giacca o il colletto bianco del clergyman. Senza una donna o un uomo che, per amore, gli avessero tolto con forza il bicchiere pieno, un attimo prima. Che avessero preso il volante in mano quando il compagno aveva l'alito che puzzava di alcol. Oltre la sacralità del ruolo, oltre il sorriso compiacente di un parrocchiano che magari gli ha offerto un tris di amari. Capita mentre tutte le famiglie della parrocchia sono a casa o in pizzeria, la domenica sera, in attesa di ricominciare una nuova settimana. E la statua della Madonna non si muove, non parla, non scende dall'altare per abbracciare un suo figlio bisognoso. Per quale motivo soffrire di solitudine? Caricarsi di una croce che non si riesce a portare e nemmeno a capire? Don Paolo è stato sfortunato a tamponare un auto parcheggiata, o forse fortunato se cercherà di riprendere in mano la sua vita. Non la bottiglia.

lunedì 10 agosto 2009

WISLAWA SZYMBORSKA

UNA VITA ALL'ISTANTE

Una vita all'istante.
Spettacolo senza prove.
Corpo senza modifiche.
Testa senza riflessione.
Non conosco la parte che recito.
So solo che è la mia, non mutabile.
Il soggetto della pièce
va indovinato direttamente in scena.
Mal preparata all'onere di vivere,
reggo a fatica il ritmo imposto dall'azione.
Improvviso, benché detesti improvvisare.
Inciampo a ogni passo nella mia ignoranza.
Il mio modo di fare sa di provinciale.
I miei istinti hanno del dilettante.
L'agitazione, che mi scusa, tanto più mi umila.
Sento come crudeli le attenuanti.
Parole e impulsi non revocabili,
stelle non calcolate,
il carattere come un cappotto abbottonato di corsa -
sono gli esiti penosi di tale fulmineità.
Poter provare prima, almeno un mercoledì,
o replicare ancora una volta, almeno un giovedì!
Ma qui già giunge il venerdì
con un copione che non conosco.
Mi chiedo se sia giusto
(con voce rauca,
perché neanche l'ho potuta schiarire tra le quinte).
Illusorio pensare che sia solo un esame superficiale,
fatto in un locale provvisorio. No.
Sto sulla scena e vedo quant'è solida.
Mi colpisce la precisione di ogni attrezzo.
Il girevole è già in funzione da tempo.
Anche le nebulose più lontane sono state accese.
Oh, non ho dubbi che questa sia la prima.
E qualunque cosa io faccia,
si muterà per sempre in ciò che ho fatto.
Wisława Szymborska

IL VERO TESORO

In un momento in cui si cerca la felicità, raggiungendo mete turistiche affollate, evadendo mentalmente dalla cruda realtà, ripenso ad un vecchio proverbio hiddish: "Il vero tesoro è nascosto sotto la stufa in cucina".

Come ci può rendere felici la quotidianità?

VOCE ALLE VITTIME DELLA TRATTA

Vi propongo una riflessione critica - da me rielaborata - di Claudio Magnabosco dell'associazione "Le ragazze di Benin City" con il quale sono in contatto. Mi ha scritto le sue perplessità sui numeri verdi, sugli interventi dello stato e di molte associazioni nei confronti delle vittime della tratta. Manca una sana autocritica. Non si ascoltano le ragazze coinvolte. Non si valorizzano i clienti.

UNA SANA AUTOCRITICA

I dati ufficiali ci dicono che solo una vittima su dieci ha tratto qualche benficio dall’applicazione di quanto previsto dall’articolo 18. É un dato assolutamente negativo che richiede da parte delle associazioni e degli enti interessati una forte autocritica: perchè i risultati sono così pochi?
Indicare la causa di tale insuccesso con l’incapacità delle vittime di percepire l’importanza delle regole proposte dai servizi è, a mio avviso, una banalizzazione; in realtà continuano a succedere cose terribili, violenze inenarrabili (l’ultima notizia: una minorenne in Piemonte è stata torturata a sangue, scalpata, quasi scarnificata...).
Oggi sono le mamam nigeriane a indicare alle ragazze la possibilità di chiedere asilo e domani sono sempre le maman già con passaporto italiano a poterle assumere come colf e badanti.

Lanciare numeri verdi non è di per se negativo, ma di nuovo bisognerebbe riflettere sui risultati a livello nazionale: 500 mila contatti in sei anni, solo 100 mila credibili, 50 mila interventi, dieci mila permessi di soggiorno, mille processi ai trafficanti...ecc. ecc.

Il maggior numero di ragazze che sono uscite dalla strada sono state accompagnate, motivate e sostenute da amici, ex clienti diventati amici, fidanzati, mariti. Non parlare di questa verità significherebbe perdere una risorsa che, invece, deve essere considerata ed integrata. Non i numeri verdi ma azioni concrete di sensibilizzazione possono trasformare i clienti stessi in risorsa, chiedendo loro non solo di telefonare al numero verde facendo qualche segnalazione anonima e imprecisa, ma di sostenere un'azione che gli operatori di strada non possono più fare: se in strada non ci sono le ragazze, nei luoghi chiusi le raggiunge solo il cliente.


Oggi l’articolo 18 è applicabile anche alle rumene, grazie ad una clausola che le considera bisognose di protezione anche se non più extracomunitarie; se per le rumene si può fare una deroga all’articolo 18, perchè non farla per le nigeriane e prevedere l’inserimento in percorsi di uscita e di inserimento sociale e lavorativo reali e non una semplice presa in carico per arrivare ai documenti ed essere poi abbandonate di nuovo sulla strada?

Come mai non si concretizzano progetti per trasformare ex vittime in operatrici o educatrici che possano motivare e sostenere le vittime nella difficile decisione di uscire?

Le buone intenzioni delle istituzioni non bastano, anzi servono a poco se non si confrontano: si dice che il fenomeno della prostituzione è cambiato, ma come mai i mutamenti lasciano intatta la realtà dello sfruttamento e come mai il mutamento non è legato alla affermazione della giustizia e della legge, agli efffetti delle normative, ma ad altro? L’ineficacia degli interventi diventa un elemento di complicità con le mafie e la microcriminalità che approffittano proprio di questa aleatorietà dei servizi.

Senza offesa per chi lavora e lavora certo con serietà, molte cose devono essere cambiate. Isoke e le sue amiche non hanno la forza di farsi ascoltare di più, ma da parte dei servizi non c’è nessuna intenzione neppure di provare ad ascoltare la loro voce.

martedì 4 agosto 2009

BERTOLT BRECHT

"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omossessuali, e fui sollevato, perchè mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare.
"

L'AFRICA DOPO LA SCENEGGIATA

La crisi generale e cronica che attanaglia il continente africano è ormai diventata una normale routine da quando nel lontano 1949 il presidente degli Stati Uniti, Harry Spencer Truman – lo stesso che decise di sganciare la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki - introdusse nel lessico dell'economia e della politica internazionale la divisione del mondo tra Paesi sviluppati e Paesi sottosviluppati. Nel suo discorso d'insediamento indicò il sistema liberalcapitalista come modello di riferimento per tutti i popoli della terra. Da allora l'Africa viene anche denominata “Terzo Mondo” se non addirittura “Quarto”. Ma rispetto a chi?
L'immagine che emerge continuamente è quella di un continente parassita, che necessita inesorabilmente di aiuti umanitari per sopravvivere. Continente sfortunato, che non riesce a godere delle numerose materie prime contenute nel ricchissimo sottosuolo. Riusciranno allora i 20 miliardi di dollari, stanziati dai Grandi e dai Buoni in occasione del G8, a combattere la fame in Africa?
“L'idea che gli aiuti possano alleviare la povertà strutturale dell'Africa, e che lo abbiano già fatto, è un mito” è quanto scrive Dambisa Moyo, nata e cresciuta in Zambia, nel suo libro Dead Aid tra i bestseller del New York Time. “Gli aiuti internazionali – continua l'ex consulente della Banca Mondiale - finanziano governi corrotti. I governi corrotti ostacolano lo sviluppo di libertà civili e impediscono la nascita di istituzioni trasparenti”.
La fame in Africa, quindi, non si può eliminare con gli aiuti umanitari che da oltre quarant'anni, per un valore di circa 300 miliardi di dollari, vengono distribuiti come manna dal cielo, solidale e nello stesso tempo ingiusto. “Chi sono questi signori così strani che prima ci tolgono il cibo dalla terra e poi ce lo regalano in bocca?”
Si tratta piuttosto di riconsegnare l'Africa agli africani, pagando tutti i danni che alcuni Paesi hanno provocato in nome del progresso e del libero commercio. E se avanzeranno soldi, perchè non indagare sul ruolo e l'etica delle multinazionali? Perchè non smascherare le dittature travestite da democrazia? E infine, perchè non conoscere esattamente come partono e come arrivano i soldi destinati alle ONG? Queste, a mio avviso, le domande cruciali alle quali però non si vuole rispondere, perchè è più facile essere, o meglio apparire, buoni... che praticare la giustizia.

lunedì 3 agosto 2009

ESSERE "UMANI" IN MOLTI MODI DIFFERENTI


DI LEONARDO BOFF
Osservando il processo di mondializzazione, inteso come una nuova tappa della storia dell'umanità e della terra, nella quale culture, tradizioni e popolazioni tra le più diverse si incontrano per la prima volta, prendiamo coscienza che è possibile essere "umani" in molti modi differenti e che è possibile incontrare la "Realtà Ultima", quella più intima e profonda, attraverso molteplici percorsi.
Pensare che esista una unica finestra attraverso la quale intravvedere il divino è una illusione dei cristiani occidentali. E anche il loro errore.
Oggi l'attuale Papa continua a ripetere l'affermazione medievale, superata dal Concilio Vaticano II, per cui "Fuori dalla Chiesa non c'è salvezza". Secondo Benedetto XVI quella cattolica è l'unica religione e le altre sono solamente delle braccia protese verso il cielo senza certezza che Dio ascolti le loro suppliche. Ragionare in questo modo significa avere poca fede e immaginare che Dio sia grande come la nostra testa.

Una volta chiesi al Dalai Lama: "quale è la religione migliore?" E lui con un sorriso a metà tra il saggio e il malizioso rispose: "E' quella che ci rende migliori". Allora perplesso io continuai: "Ma cosa significa ci rende migliori? E lui: "è quella che ti rende più compassionevole, più umano e più aperto al Tutto...: questa è la religione migliore".

AMORE CHE FERISCE

AMORE CHE FERISCE

Come nubi scure, come turbini di vento,
Sono gli infiniti dubbi che fiaccano la vitalitá,
Come un temporale e una tormenta invadono i miei giorni
Lasciando inquietudine, domande e apatia.

Pioggia che inzuppa la terra con poca sete
Che porta con sé sporco e freddo,
Sembra rubare tutto ció che é mio,
Crea confusione... peró dá fame di Dio.

Nubi che ritornano troppo spesso,
Che fanno sentire con forza le loro voci,
Che distruggono completamente il cammino fatto
E riempiono di ferite e di dolore il mio giaciglio.

Futuro sempre inquieto dietro un Maestro un po’ pazzo
Che insegna a camminare a zig zag,
Rispettando ciascuno, ogni come e ogni quando
Perché io con il mio passo possa essergli fedele nel poco.

Talenti che sembrano, a volte, sottoterra dimenticati,
O a volte, per paura, o per poca fede sprecati.
Doni di Grazia che lasciano un gusto di stupore
Peró allo stesso tempo molto stanca la spalla del carico.

Quante volte ho pensato di mollare tutto,
Quante volte non mi sono sentito degno e adatto,
Quante volte ho pensato di non essere stato accompagnato
Da un Dio vivo e amante che molto spesso tace.

Non ci sono risposte, solamente dubbi interroganti,
Idee, luci e ombre, sentimenti contrastanti...
Ti sembra di proseguire per un certo cammino con entusiasmo
E subito ti viene a mancare dall’alto la parola “ti amo”.

E’ riconoscendo il suo Amore che posso donarmi,
Sentendo che rispetta i miei passi posso anche non naufragare,
Solo cosí con tutto il cuore potró amare Lui
Ed essere amato e amare il prossimo senza ingannarmi.

Fabio Lazzaro

sabato 1 agosto 2009

QUATTRO PRINCIPI PER IL BENE COMUNE

DI MIGUEL D'ESCOTO BROCKMANN
 
(Presidente Assemblea Generale delle Nazioni Unite)

L'uso esclusivo e abusivo della ragione strumentale-analitica nei tempi moderni ci ha reso sordi al clamore della Terra e insensibili alle grida degli oppressi che costituiscono le grandi maggioranze dell'Umanità. Nel più profondo della nostra natura umana siamo esseri di amore, di solidarietà, di compassione e di comunione. Per questo, bisogna arricchire la ragione analitica con la ragione sensibile, emozionale e cordiale.
Il primo principio etico è il rispetto. Ogni essere ha un valore intrinseco. Il suo utilizzo per il Bene dell'Umanità non può essere orientato da un'etica meramente utilitarista, come ha funzionato nel paradigma socioeconomico vigente, ma deve avvenire all'interno di un senso di mutua appartenenza, di responsabilità e di conservazione dell'esistenza.
Il secondo è il senso del prendersi cura, che configura un atteggiamento non aggressivo di fronte alla realtà, un atteggiamento amorevole che ripara i danni passati e previene quelli futuri e si estende a tutti i campi dell'attività umana personale e sociale. (...). L'espressione orientale per questo atteggiamento è la compassione, così necessaria oggi, con gran parte dell'U-manità e della Terra stessa che si trova crocifissa e immersa in un oceano di dolore. In una società di mercato retta più dalla competizione che dalla cooperazione, si constata una crudele mancanza di compassione nei confronti di tutti coloro che soffrono nella società e nella natura.
Il terzo principio è quello della responsabilità universale. Tutti siamo eco-dipendenti e intedipendenti. Le nostre azioni possono essere benefiche o nocive per la vita e per il Bene Comune della Terra e dell'Umanità. Le tante crisi attuali derivano, in gran parte, dalla mancanza di responsabilità che si riscontra nei nostri progetti e pratiche collettive, che hanno provocato lo squilibrio globale dei mercati e del sistema-Terra.
Il quarto principio è quello della cooperazione. (...). È stata la cooperazione a permettere ai nostri antenati umanoidi di fare il salto dall'animalità all'umanità. Nella loro ricerca di alimenti, non mangiavano per conto proprio, ma portavano il cibo al gruppo e in modo cooperativo e solidale lo dividevano tra tutti. Quello che è stato essenziale nel passato continua ad esserlo nel presente.